Qualcuno glielo deve dire a Zingaretti. Intento nel suo improbo compito di togliere dagli abiti del Pd l’odore della Leopolda, deve guardarsi dal ritorno del renzicalcatismo. Sì, perché quello stile comunicativo che impastò politica e psicoanalisi contribuendo, tra le altre cose, alla disfatta di Telemaco, ha fatto di nuovo la sua comparsa.
Via radio Recalcati ha riproposto l’ennesima variante del canovaccio che prevede la messa a fuoco dell’avversario attraverso la lente analitica. Stavolta, in modo pacato. Non siamo più alle grida di incestuosità verso il polo grillino, alle mummie o alle sgarbatezze verso Di Maio. Oggi, con garbo, ci dice di poter dare soltanto ‘un giudizio clinico molto sommario’ . Cambia dunque il tono, ma non la sostanza. Sostenendo che Berlusconi e Salvini non li vedrebbe sul suo lettino (sic!), relegandoli dunque al rango di ‘inanalizzabili’, non cade stavolta nella patologizzazzione dell’avversario, ma inaugura il tempo dell’ inquadramento analitico ‘a loro insaputa’. E se i suddetti di fare un’analisi, con Recalcati non ne volessero sapere?
Questo ripropone una questione topica per chi si occupa di psicoanalisi. Perché ci sia analisi, ci vuole una domanda. E noi non sappiamo se essi l’abbiamo mai fatta, o se invece su un lettino questi ci vadano regolarmente. L’analisi non è un raddrizzamento ortopedico, né la trasformazione di un individuo in un qualcosa che assomigli all’Ideale che l’analista ne ha. Il lettino è un luogo simbolico intriso di laicità, o almeno dovrebbe essere, sul quale si può sdraiare chi fa il pugno chiuso così come chi saluta romanamente. Credevamo che la fallimentare tendenza a inquadrare l’avversario a suon di dsm fosse finita col renzismo. Ma ci sbagliavamo.
Dunque mi permetto di dare alcuni consigli, non richiesti, a Zingaretti.
Stia attentato alla perniciosità di questo linguaggio, e se ne liberi. Presto. Questa dialettica divisiva non è scomparsa, si è semplicemente messa in bassa frequenza sotto un lembo di pelle del Pd, e da lì fantastica future rivincite. Zingaretti deve fare il possibile affinché diventi una lingua morta e sepolta. Niente diagnosi, niente lettini: è da questo parlare stigmatizzante che Zingaretti può e deve bonificare il dibattito interno. Salvini e i rigurgiti di destra si combattano con un altro linguaggio, da tempo decaduto in casa Pd: lavoro, solidarietà, umiltà. Al Nazareno vigeva invece una neolingua che ha coltivato l’idea di poter condensare in poche parole, anche cliniche, quell’irriducibile bagaglio dialettico patrimonio della gente di sinistra. Il sogno di ogni élite autonominata.
E’ questa neolingua che egli deve estirpare.
Gli consiglio, infine, di colmare quel fossato scavato tra il mondo dei pochi giusti e le torme di odiatori. Apra dunque quelle porte che il renzismo ha chiuso. Tolga lo stigma da coloro i quali sono stati epurati. Prenda calce e mattoni, si rechi in sede Pd, e chiuda, definitivamente quel che resta della Scuola politica PPP. Farà un favore al poeta, e all’Italia intera.