Un doppio colpo all’immigrazione che, però, rischia di essere tale solo sulla carta. E che, per assurdo, potrebbero subire gli stessi italiani. Da una parte, il Friuli-Venezia Giulia, come scritto nel disegno di legge approvato il 9 maggio dalla giunta guidata da Massimiliano Fedriga, fedelissimo di Matteo Salvini, mette sul piatto soldi per i rimpatri forzati, quando questi sono competenza esclusiva dello Stato. Dall’altra, offre incentivi solo a chi assume lavoratori che risiedono in Regione da almeno cinque anni, con buona pace dei friulani che si sono trasferiti oltre il confine per questioni economiche, e in contrasto con le norme italiane ed europee di libera circolazione. Due provvedimenti dal forte odore di propaganda e ad alto rischio di illegittimità.
Come scritto nel disegno di legge, consultato da Ilfattoquotidiano.it, la Regione intende sostenere economicamente gli interventi per il rimpatrio degli immigrati colpiti da provvedimenti di espulsione. Una misura, spiegano dall’Asgi, l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, che violerebbe in maniera evidente l’articolo 117 della Costituzione, quello che riguarda le competenze di Stato e Regioni: “La condizione giuridica dello straniero, e quindi tutto ciò che riguarda l’ingresso, il soggiorno, l’allontanamento e l’espulsione, sono materia di competenza esclusiva dello Stato. Le regioni hanno competenze solo per gli aspetti delle politiche sociali e dell’integrazione”. Una critica rispedita al mittente dall’assessore regionale alla Sicurezza e all’Immigrazione in quota Lega, Pierpaolo Roberti: “Mi sembra una fesseria. È ovvio che la competenza rimane dello Stato. Noi non facciamo i rimpatri, ma siamo disponibili a fare la nostra parte affinché queste persone lascino il nostro territorio”.
Ma il punto non è solo giuridico. La giunta intende finanziare questi rimpatri con parte dei 350mila euro precedentemente stanziati per i ritorni volontari che prevedono un reinserimento sociale nel Paese di destinazione e derivano dalla legge regionale del 2015 approvata dalla precedente giunta di centrosinistra: “Questo è un aspetto tutto politico. Si decide di non occuparsi dell’inclusione sociale, ma ci si concentra sull’aspetto repressivo del fenomeno migratorio”, dicono ancora dall’Asgi. E Roberti rivendica la scelta: “Lo diciamo con forza, è la nostra politica. Il Pd usava i fondi regionali per i corsi di danza e calcio ai richiedenti asilo, noi preferiamo metterli per rimpatriarli in modo forzato, se ce ne fosse bisogno”.
La strategia della giunta a guida leghista, del tutto in linea con quella del ministro Salvini, è chiara, mentre lo è meno l’utilità di questa norma: per il rimpatrio forzato è necessario un accordo con lo Stato di destinazione, e da quando il leader della Lega è al Viminale non c’è stato nessun progresso in questo senso. I numeri dicono che nel 2018 i rimpatri sono stati 6.398, in lieve calo rispetto al 2017 (6514). Un dato che sembra ripetersi, in proiezione, anche quest’anno, con 2.179 rimpatri dal 1 gennaio al 5 maggio 2019 (dati del Viminale). “Siamo al delirio della propaganda”, attacca Cristiano Shaurli, consigliere regionale del Partito democratico. “Salvini non riesce a mantenere le sparate elettorali e spendere i soldi del Ministero per i suoi rimpatri forzati e Fedriga offre in più i soldi dei cittadini del Friuli-Venezia Giulia. A parte l’assoluta inutilità di questa gentile offerta al Viminale, c’è da chiedersi se i cittadini del Friuli-Venezia Giulia apprezzino questo modo di regalare risorse della Regione per far fronte a competenze che sono chiaramente dello Stato”. Roberti ammette il problema degli accordi bilaterali con i Paesi che devono accogliere i migranti espulsi, ma rilancia: “Questo è solo un primo aggiustamento, noi siamo contrari anche ai ritorni volontari e modificheremo la norma in questo senso”. Per il momento, però, rimane solo l’annuncio sui rimpatri forzati, bloccati non dai fondi ma dalla diplomazia.
Nello stesso disegno di legge, la giunta ha infilato un altro provvedimento che rischia di essere illegittimo. L’articolo 50 prevede infatti che d’ora in avanti gli incentivi occupazionali regionali saranno rivolti esclusivamente alle assunzioni di lavoratori con almeno cinque anni di residenza nel territorio regionale. “Sarebbe una discriminazione indiretta a danno dei lavoratori stranieri. L’incentivo, come ricordato dalla Corte di giustizia europea nel 2012 per una controversia di questo tipo, si riflette sulle possibilità di accesso al lavoro e, dunque, deve necessariamente rispondere ai criteri di parità di trattamento e non discriminazione previsti dalle norme dell’Unione europea”, ricordano i referenti dell’Asgi. Ma il requisito rischia di discriminare anche i friulani che la giunta intende difendere dalla concorrenza in arrivo da oltre confine: non sono pochi infatti quelli che si sono trasferiti in Slovenia per ragioni economiche, ma che continuano a gravitare sul mercato del lavoro del Friuli Venezia Giulia. Anche loro sarebbero colpiti da questa norma. E, di nuovo, c’è un ostacolo chiamato Costituzione: l’articolo 120 vieta alle Regioni di adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e di limitare il diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.
*aggiornato dalla redazione web il 28 maggio alle 11.40