Ti infilo il manganello nell’ano“, questa la frase attribuita in una denuncia contro la polizia di Firenze che sarebbe intervenuta per trascinare e bloccare una manifestante antifascista per poi restituirla con traumi alla folla. Così racconta la denuncia pubblicata sulla pagina “Firenze dal Basso” della quale si è parlato sui social gestiti da antifascisti ma che non ha evidentemente indignato tanto quanto quello che è successo al giornalista di Repubblica a Genova.

https://www.facebook.com/firenzedalbasso/posts/972379842960847

D’altro canto la stessa Repubblica fa una chiara distinzione tra manifestanti e giornalisti. Gli uni eventualmente denunciati per resistenza o divieti di riunione (reati pescati dalla memoria del Ventennio) e gli altri considerati vittime senza se e senza ma. La questione della polizia che viaggia con manganelli e lacrimogeni nelle piazze senza un numero identificativo che aiuti, nei filmati e nelle foto, a riconoscerli, è stata sollevata più volte fin dal G8 di Genova del 2001. E anche allora si parlò di comportamenti violenti e sessisti contro le donne, volti a rafforzare la cultura dello stupro, soprattutto a Bolzaneto. A oggi l’impunità di certi militari è garantita e d’altro canto è difficile dimostrare quel che abbiano detto o fatto se perfino un ministro continua a rafforzare lo stigma dei manifestanti brutti e cattivi dei “centri sociali“.

Ministro che tra l’altro dimentica di dire qualcosa di serio quando in piazza ci sono gruppi di estrema destra che fanno apologia del fascismo. Ma in questi giorni questa non è l’unica cosa che è avvenuta contro donne dimenticate da politici di destra sempre pronti a commentare quando si tratta di vittime di stupratori “stranieri”.

A Roma una ragazza etiope ha denunciato di essere stata stuprata in una discoteca da persone verosimilmente bianche (italiani?). Persone che sembrerebbero note in quel contesto di cui, come è avvenuto per l’accusa di stupro contro due ragazzi di CasaPound, certi politici non accennano a parlare. Nessun commento sulla presunta violenza sessista delle polizie e così anche per italici e destrorsi ai quali viene sempre attribuita una giustificazione.

Militari e italici, peggio se di estrema destra, sono le categorie protette dai vari leghisti e fratelli italioti. Questo atteggiamento è pari all’omertà di chi protegge logiche di branco eticamente inaccettabili. Omertà che in certi contesti diventa necessaria perché la propaganda elettorale è più importante della salute fisica delle donne.

La propaganda dice che i tutori dell’ordine ci proteggono. Le donne vengono vittimizzate per rafforzare un sistema patriarcale che non presta ascolto nei confronti delle donne stesse. Non siamo noi a poter dire quel che sarebbe utile per salvarci da sole. Non siamo noi a poter consigliare strumenti legislativi e culturali che potrebbero apportare significativi miglioramenti nelle nostre vite. Sono i tutori che diventano protettori e controllori, senza che mai sia messo in discussione quel codice sessista repressivo che resiste in entrambi i casi.

La propaganda dice che le donne vengono stuprate dagli stranieri. Se, loro stesse straniere, denunciano uno stupro commesso da italiani crolla il castello di bugie costruito da chi in fondo nega la violenza di genere per sostituire quel concetto con una comoda e fascistoide teoria sull’invasione etnica che mette a rischio le “nostre donne”. Se sulle pagine Facebook di politici di destra non leggiamo alcun commento forcaiolo nei confronti degli accusati italiani lo dobbiamo a questo. Anche gli esponenti di estrema destra si propongono come protettori e controllori. Sessisti in entrambi i casi.

Mi chiedo perciò quando si potrà parlare di violenza di genere senza strumentalizzare le donne e, soprattutto, mostrando un reale interesse per le vittime. Quell’interesse parte dall’ascolto. Non ci servono protettori, non ci serve una società in cui i padri padroni ci rendono invisibili mentre giocano a primeggiare su chi ce l’ha più lungo. Non ci servono tutori che quando acquisiscono potere di controllo possono fare di noi quel che vogliono, senza mai mettere in discussione la radice sessista che li caratterizza. Ci servono strumenti che noi potremo utilizzare per difendere noi stesse. Strumenti che mai potranno dirci “ti infilo un manganello nell’ano” o “difendiamo le nostre donne”.

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