“Noi le chiamiamo cellule camaleonte, perché sono sempre le stesse che causano il tumore primario, ma per circolare nel sangue e uscire ed entrare negli organi devono cambiare pelle. Averle trovate nel sangue apre la strada a nuove prospettive di diagnosi prima che si formino le metastasi”. I ricercatori del centro pugliese coordinati dalla biologa Elena Binda, direttrice della Cancer Stem Cells Unit dell’Irccs Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo e dal direttore scientifico dell’Istituto Angelo Vescovi hanno prima isolato le staminali da alcuni tessuti tumorali, le hanno trapiantate nei topi e poi hanno ‘seguito’ con modelli animali il viaggio di queste cellule a partire da un tumore del colon retto, anche se la teoria è che il meccanismo sia simile anche per altri tipi di cancro.
Le stesse cellule staminali ‘impazzite’ che danno origine ai tumori sono responsabili anche delle metastasi, e per ‘trasferirsi’ ad altri organi usano la circolazione sanguigna, in cui entrano ed escono modificando alcune caratteristiche. I primi ad individuarle nel sangue sono stati appunto i ricercatori italiani, il cui studio sulla rivista EBiomedicine del gruppo Lancet indica anche una strada per colpire il tumore ‘dalle fondamenta’, cioè proprio dalle staminali tumorali, che sono invece refrattarie ai trattamenti tradizionali. “Inoltre la ricerca – ha spiegato Binda all’Ansa – ci ha permesso di individuare dei biomarcatori specifici utilizzabili per nuove terapie altamente personalizzate”.
Lo studio, spiega Vescovi, il cui istituto dovrebbe terminare a breve l’iter per diventare una cell factory per staminali di grado clinico, conferma l’utilità di individuare strategie che colpiscano le staminali tumorali. “C’è una serie di sostanze che bersagliano le staminali sia nel tumore primario, sia nel sangue che nelle metastasi – afferma l’esperto -. Nel caso dei tumori cerebrali ne stiamo già sperimentando una, che ha quasi terminato la fase 1 sui pazienti. Se si immagina il tumore come un palazzo, colpire le staminali vuol dire agire sulle fondamenta, che oltretutto resistono alle chemioterapie usate attualmente. È una filosofia completamente diversa da quella usata finora, in cui si tendeva a colpire la massa tumorale senza riuscire però ad attaccare le staminali”.