Stoccolma confina ad est con Addis Abeba, a nord con Tripoli, a sud con Il Cairo e a ovest con Baghdad. A Stoccolma, dove fa caldo anche a gennaio, se vi avventurate in un quartiere che si chiama Mogadiscio, perché occupato dai vicini eritrei, e vi comportate da europeo, magari vi vestite anche con abiti di foggia occidentale e, per soprammercato, mostrate al collo una croce, e magari vi fate accompagnare da una donna con gonna troppo sopra al ginocchio, rischiate di incorrere nella dura legge della Shari’a. Potrete ricevere scudisciate in pubblico, tanto che le adultere svedesi e i colleghi maschi, se amici dell’alcol, si tengono lontani da quel quartiere e da tanti altri della periferia della Capitale svedese, oramai completamente islamizzati.
Lo dice il Tg2, il telegiornale della tv di Stato italiana. E il ministro dell’Interno della Repubblica italiana, rilanciando sui social network il video, comunica a noi connazionali: “Vogliamo fare la fine della Svezia? Vogliamo realizzare l’Eurabia?”. Giammai! Allora votate come sapete. L’ambasciata della Svezia ha purtroppo dovuto rettificare il servizio spiegando al direttore del Tg2 e alla sua giornalista che ha curato il reportage, che in Svezia la legge vale per tutti. Magari qui da noi non è così, ma da loro sì. Che la polizia va ovunque, che i quartieri a rischio esistono, come esistono in tutte le metropoli di tutto il mondo occidentale e orientale.
Siamo dunque giunti al punto di guardare alla Svezia, una delle nazioni più ricche e civili, dove le condizioni di vita sono altissime e il welfare è tra i più avanzati, come un territorio invaso dagli islamici e sottoposto alle crudeli leggi dell’occhio per occhio. Lo dobbiamo all’imbarbarimento dell’informazione e anche al fatto che siamo molto ignoranti e troppo tolleranti. Se non fossimo ignoranti e tolleranti, e massimamente collusi, non avremmo mai potuto permettere che fosse chiamato a dirigere quel Tg un giornalista, Gennaro Sangiuliano, che dopo appena due giorni dal voto del 4 marzo 2018 posta su Facebook una foto di lui con Salvini. Stretti stretti e sorridentissimi. E infatti dopo un po’ la nomina, il premio. Ma, collega!, complimentsissimi.
Invece quella foto, quella semplice foto, avrebbe dovuto far scattare un divieto assoluto a qualunque salto di carriera e far gridare allo scandalo tutto il Parlamento (grillini inclusi, oh yes). Ma siamo collusi, prevalentemente collusi, e perciò nessuno ha gridato, nessuno ha protestato, tranne flebili e isolate voci. Purtroppo siamo anche ignoranti, e perciò Salvini si è potuto permettere quel: “Vogliamo fare la fine della Svezia?”. Lui è consapevole che molti dei suoi elettori non sanno dove sia la Svezia, non ne conoscono il benessere economico, il grado di civiltà, lo stile di vita. Contando sull’ignoranza, rilancia quella che viene comunemente definita una fake news.
La novità, drammatica e desolante, è che le notizie manipolate non sono costruite solo nei sottoscala dei social network ma hanno fior di giornalisti professionisti, e anche lautamente retribuiti, perfino dalla tv di Stato. Non ci resta che la vergogna.
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
I giornalisti raccontano spesso realtà scomode: il servizio sulla Svezia è stato realizzato sul posto con interviste ad Imam, professori esperti di Islam e di terrorismo, il capo della Comunità ebraica, analisti geopolitici, rappresentanti di ogni parte politica, colleghi e gente comune. L’emergenza migrazione è innegabile come conferma la retromarcia della politica costretta a prolungare fino a novembre gli stretti controlli alle frontiere. Che per alcune controversie venga utilizzata la Sharia ci è stato confermato e, abbiamo le testimonianze dirette di islamici che vivono da molto tempo in Svezia e che l’ hanno utilizzata loro stessi. Noi abbiamo il dovere di raccontate quello che accade non solo in Svezia. Si chiama libertà di stampa e va difesa da tutti. L’uso del temine “no go zones”, proprio perché considerato controverso in Svezia, non è stato utilizzato ma, che esistano aree dove la polizia non ha pieno controllo ci è stato confermato dagli abitanti dei quartieri, i primi ad essere preoccupati della situazione. Girando per queste zone non abbiamo mai incontrato le forze dell’ordine, alle quali abbiamo chiesto un’intervista che non ci è stata concessa. Purtroppo non abbiamo avuto tempo di inserire nei nostri reportage alcune denunce raccolte che ci raccontano di un sistema “mafioso”, gestito dalle diverse etnie nei vari quartieri definiti “vulnerabili”. Sul numero degli stupri, avendo la Svezia fatto la scelta di raccogliere sotto un’unica voce tutte le sfumature di violenza nei confronti delle donne, non si può chiedere ad un giornalista di fare la differenza. Quello che raccontano i reporter sul campo non sempre coincide con quello che i paesi credono o fingono di credere di loro stessi.
Manuela Moreno, giornalista Tg2 e autrice del servizio