Tra qualche ora l’Atalanta potrebbe essere in Champions. Battendo il Sassuolo i bergamaschi otterrebbero un traguardo storico: la prima volta nella massima competizione europea, direttamente ai gironi. Un dato straordinario a livello sportivo, sì, ma si potrebbe parlare tranquillamente di miracolo imprenditoriale. Eh già, perché si dovrebbe andare indietro nel tempo, a cinque anni fa, quando la Dea si salvò dalla retrocessione alla penultima giornata con un pareggio col Chievo in casa, in un’annata burrascosa cominciata da Colantuono e finita dal buon Edy Reja. E si potrebbe partire da lì per raccontare un miracolo che arriva dal basso, dalla provincia e senza grosse risorse (specie in considerazione di quanto messo sul piatto dalle avversarie in chiave Champions). Si potrebbe partire dalla stagione 2014/2015 avvalendosi di Transfermarkt, sito di riferimento per le quotazioni di rose e calciatori: all’epoca la rosa della Dea valeva intorno ai 60 milioni e i calciatori più “quotati” erano tre, Jack Bonaventura, Luca Cigarini e il Papu Gomez, tutti e tre quotati 8 milioni di euro secondo il portale.

Oggi, cinque anni dopo lo stesso portale quota l’intera rosa dell’Atalanta a circa 200 milioni di euro, quasi il quadruplo, chiaramente da aggiornare al rialzo in base eventuale accesso alla Champions: il calciatore con la valutazione più alta, ad esempio, è Duvan Zapata con 35 milioni di euro, sebbene difficilmente Percassi e company accetterebbero offerte sotto i 50 milioni per l’attaccante. Praticamente raddoppiato il valore, già alto per gli standard atalantini, pagato alla Samp (12 milioni per il prestito biennale più 12 per il riscatto). Discorso identico per molti altri calciatori atalantini, da Freuler preso a 2 milioni dal Lucerna che oggi ne vale 16 secondo Transfermarkt (e dunque almeno 20-25 per l’Atalanta), a Castagne preso dal Genk a 6 milioni che oggi ne vale 10 secondo il portale (ma l’Atalanta ne ha già chiesti 25 al Napoli che punta su di lui per sostituire Hysaj), al difensore italiano Gianluca Mancini preso a 800mila euro e che sarà di sicuro al centro di un’asta milionaria vista l’etichetta di merce pregiatissima che gli è stata appiccicata addosso (oggi vale 15 milioni per Transfermarkt, non meno di 30 per l’Atalanta).

Una gioielleria insomma, che già prima aveva mostrato una lungimiranza enorme e gran capacità di vedere diamanti laddove altri vedevano pietre. Alcuni esempi: nella stagione 2014/2015, quella della svolta come detto sopra, in rosa l’Atalanta aveva Gagliardini, quotato 100mila euro, sarà poi venduto all’Inter per 27,5 milioni complessivi; Grassi, quotato 100mila euro, passerà al Napoli per 10 milioni, Kessie, prodotto del vivaio, venduto al Milan a 35 milioni, e in giro in prestito c’erano Conti, valore circa 300mila euro e ceduto a 25 milioni al Milan o Caldara, altro prodotto del vivaio venduto a 25 milioni alla Juve. Cessioni importanti che a ben vedere non hanno poi mai inficiato il percorso dei bergamaschi in campionato, anzi: dalla retrocessione sfiorata si è passati prima a un campionato vissuto con tranquillità e concluso al 13esimo posto, poi al quarto posto con Europa League e col record di punti del primo anno di Gasperini, poi alla conferma dell’Europa League dello scorso campionato alla eventuale Champions di oggi. Il tutto comprandosi pure lo stadio cittadino. Un messaggio a tanti club italiani dunque, in particolare a quelli “di provincia”: Inghilterra o Spagna sono mondi ideali, ma Bergamo non scherza mica.

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