"Io non ho voglia di sfidare nessuno, vogliamo costruire un’Europa fondata sui diritti e il lavoro", ha detto il vicepremier leghista. Entro il fine settimana dovrebbe arrivare la lettera della Commissione che chiede chiarimenti sui 'fattori rilevanti' che hanno portato all’aumento del debito italiano. E Salvini risponde: "Se fosse alla vecchia maniera, 'fate i compiti a casa, tagliate', la risposta è 'no'"
“Io non ho voglia di sfidare nessuno, vogliamo costruire un’Europa fondata sui diritti e il lavoro. Non sto a impiccarmi a un parametro, a un numero, a una regoletta, bisogna rivedere le politiche per permettere la crescita. Aspettiamo questa lettera. Se fosse alla vecchia maniera, ‘fate i compiti a casa, tagliate’, la risposta è ‘no'”. Il riferimento è alla lettera che entro venerdì la Commissione Ue dovrebbe inviare all’Italia per chiedere chiarimenti sui ‘fattori rilevanti’ che hanno portato all’aumento del debito. Ma le parole del vicepremier Matteo Salvini anticipano quella che potrebbe essere la strategia, meno battagliera di quanto annunciato nel pieno della campagna elettorale, per cercare di rivedere i parametri economici che l’Italia ha concordato con l’Unione europea. Con l’insediamento del nuovo Parlamento e della nuova Commissione, Roma si troverà in minoranza, se non isolata rispetto ai gruppi che guideranno le istituzioni europee per i prossimi cinque anni e rischia quindi di trovare di fronte a sé un muro ancora più insormontabile rispetto a quello rappresentato dall’attuale commissario per gli Affari Economici e Monetari, Pierre Moscovici. Senza contare che perderà anche rappresentanti in posizioni chiave all’interno delle istituzioni. La speranza per Salvini è che altri Paesi, come ad esempio la Francia di Emmanuel Macron, colpita duramente dalle rivolte dei gilet gialli, abbiano bisogno di maggiore flessibilità che costringerebbe i commissari ad ammorbidire le proprie posizioni anche nei confronti dell’Italia.
“Dobbiamo assumere tanti poliziotti, giudici, vigili del fuoco, dobbiamo sistemare tante scuole, ospedali e strade e per farlo abbiamo bisogno di spendere i soldi che gli italiani ci danno pagando le tasse”, ha continuato il vicepremier rispondendo a chi gli chiede se è pronto a sforare il tetto del 3% del rapporto deficit/Pil. “L’Italia cresce se aziende e lavoratori pagano meno di quello che pagano oggi – ha continuato -, non siamo noi che vogliamo sforare, se fossimo costretti a rispettare numeri e vincoli vecchi il debito crescerebbe ulteriormente, noi vogliamo ridurlo questo debito. Vogliamo avere il credito delle istituzioni europee per fare il contrario di quello che hanno fatto i Letta, i Monti, i Renzi, i Gentiloni, ovvero restituire i soldi agli italiani a partire dalle imprese. Non chiediamo uno sforzo particolare agli amici dei Cinquestelle perché è già nel contratto di governo”. Il vicepremier ha anche ammesso, però, che la partita non sarà facile: “Sarà un periodo economico complicato”.
Se si vanno a guardare i seggi e le possibili alleanze, la situazione per la Lega appare poco favorevole. La maggioranza, salvo strane congiunzioni, dovrebbe essere di nuovo quella tra Partito Popolare Europeo e Partito Socialista, ai quali si andrebbero ad aggiungere i Liberali ex Alde e di En Marche. Tra quest’ultimi, il possibile gancio, paradossalmente, sembra essere proprio Macron. Non per comunione d’intenti, ma per la situazione interna al paese. Il voto del 26 maggio ha sancito il sorpasso del Rassemblement National di Marine Le Pen, anche se di solo lo 0,9% sul partito di governo, e le proteste dei gilet gialli che chiedono, tra le altre cose, un abbassamento delle tasse hanno costretto Macron a fare promesse ai cittadini, come l’innalzamento del salario minimo, che farebbero crescere il rapporto deficit/Pil francese al 3,4%. Una violazione del Patto di Stabilità che non passerebbe ‘impunita’, con l’Italia che a quel punto potrà chiedere maggiore flessibilità anche sui suoi conti.
Nel Ppe gli alleati di Salvini sono scarsi, se si esclude Forza Italia che, però, porterà a Bruxelles solo 7 rappresentanti e con l’alleato sovranista, Viktor Orbán, che sui conti non è disposto a fare sconti agli amici leghisti. Dopo il caos greco e le perdite commerciali dovute al concretizzarsi della Brexit, alcuni Paesi con un maggiore flusso di esportazioni verso l’Italia potrebbero voler evitare ulteriori ripercussioni economiche.
Tenendo conto che, per come stanno le cose, difficilmente i Verdi faranno parte della grande coalizione in Parlamento, maggiori sponde anti-austerity la Lega potrebbe trovarle tra i Socialisti. Primo su tutti, il Partito Socialista spagnolo, il più importante per numero di seggi nella famiglia S&D, che internamente ha proposto politiche dal forte spirito socialista e la “finanziaria più a sinistra della storia”, grazie anche alla collaborazione con Podemos, in nome di una maggiore flessibilità e minore austerità da parte dell’Europa. Una politica condivisa dal vicino portoghese, António Costa, che in patria ha formato una coalizione di governo con Verdi e Comunisti, adottando un approccio marcatamente socialista e critico verso le politiche di austerity.