Se il matrimonio andasse in porto nascerebbe il terzo polo costruttore di auto al mondo, in grado di competere in tutti i settori del mercato, quotato a Milano, Parigi e New York. Il 50% delle azioni andrebbe agli attuali soci dell'azienda basata in Olanda, l'altro 50% agli azionisti del gruppo francese. Secondo Fca maturerebbero nuove strategie per 5 miliardi e nessuno stabilimento verrebbe chiuso
“Creare uno dei principali gruppi automobilistici al mondo”. Fca ha annunciato ufficialmente, confermando le indiscrezioni del fine settimana, di aver presentato una proposta per una fusione con Renault. Nella lettera non vincolante recapitata al gruppo francese, partecipato al 15,01% dallo Stato, l’ipotesi di ‘matrimonio‘ prevede una nuova società detenuta per il 50% dagli azionisti di Fca e per il 50% da quelli di Renault, una struttura di governance paritetica e una maggioranza di consiglieri indipendenti. L’aggregazione, che vede favorevole il governo francese, avverrebbe sotto una capogruppo olandese quotata in Borsa Italiana, a Parigi e a New York. Secondo Les Echos, per riequilibrare la distanza tra la capitalizzazione di Fca che è di circa 18 miliardi e quella di Renault che si ferma a 15 la prima distribuirebbe agli azionisti un dividendo straordinario. La struttura dell’azionariato post-fusione, secondo gli analisti di Intermonte, dovrebbe vedere la Exor della famiglia Agnelli al primo posto con il 13% del capitale, davanti alla Francia e a Nissan, che avrebbero il 7% ciascuna. A seguire i fondi Tiger al 3%, Harris, Blackrock e Vanguard con il 2%, quota che avrà la stessa Renault, mentre Daimler avrà l’1%. Il restante 53% resterebbe in mano al mercato.
Il cda di Renault si è riunito lunedì mattina e ha fatto sapere che “esaminerà con interesse l’opportunità” che “crea ulteriore per l’alleanza” con Nissan e Mitsubishi. Ma la giapponese Nissan, che detiene il 15% del gruppo, rimane alla finestra e secondo Bloomberg non considera l’affare come particolarmente vantaggioso: non è interessata a una strategia che predilige i volumi di vendita e un’eccessiva dipendenza dal mercato auto Usa e secondo gli analisti potrebbe opporsi alla proposta.