“Una cosa non voglio sentir dire. Erano le Europee. Non minimizziamo. Se vogliamo ripartire – e dobbiamo ripartire – capiamo il senso della sconfitta”. Quando Luigi Di Maio stava per presentarsi davanti alle telecamere per ammettere la sconfitta, a parlare della necessità di imparare dal colpo pesantissimo arrivato alle urne sono stati i suoi stessi fedelissimi. Il primo è stato il senatore M5s Gianluigi Paragone che ha chiesto di non sminuire e non cedere nell’errore di rinnegare che l’esito sia stato traumatico per molti. Un messaggio molto chiaro ai colleghi grillini che questa volta, a differenza di altre, non sono stati in silenzio in attesa della lettura del capo politico. I 6 milioni di voti persi dalle scorse politiche pesano molto sulla tenuta del gruppo e, stando alle ricostruzioni interne, il clima è di forte preoccupazione. Non a caso Di Maio nel suo discorso ha parlato della necessità di ripartire dalla riorganizzazione del Movimento, così come annunciato dopo le sconfitte alle regionali di Abruzzo e Sardegna. La resa dei conti e l’analisi del voto per i 5 stelle è stata intanto rimandata a mercoledì quando Di Maio ha spostato, su richiesta dei molti parlamentari impegnati sul territorio, il confronto in assemblea congiunta.
Intorno alle 17.30 proprio Paragone, Alessandro Di Battista, Stefano Buffagni, Riccardo Fraccaro, Vincenzo Spadafora, Stefano Patuanelli e Paola Taverna si sono presentati al Mise per vedere Di Maio e altri esponenti M5s. “Siamo qui per un incontro, per vedere cosa c’è da fare, ora ne parliamo”, ha detto ai cronisti. “Uniti abbiamo vinto e uniti abbiamo perso, per me non è una problematica di chi, ma di cosa e di come si fanno le cose”.”Non abbiamo convinto le persone ad andare al voto e su questo la colpa è esclusivamente nostra, il Movimento è stato sempre capace di combattere l’astensionismo”. Per Alessandro Di Battista, poi, sull’esito delle elezioni Europee “non dobbiamo prendercela con i cittadini, sono gli stessi che un anno fa ci hanno dato il 33%”, ha concluso ribadendo che il problema “non è chi, ma cosa si deve fare e come”.
Significativo chi dei 5 stelle ha deciso di esporsi pubblicamente in queste ore. “L’esperienza ha poco da insegnare se non viene vissuta con umiltà”, ha scritto su Facebook il sottosegretario M5s Stefano Buffagni. “Perché si impara dal fallimento, non dal successo. Dagli errori si impara, si corregge, si riparte senza paura, con umiltà e voglia di fare le cose per il bene del Paese. L’ascolto, la forza di cambiare, di allargare, di far partecipare e di saper davvero premiare la competenza e la meritocrazia sono aspetti fondamentali che non si possono mettere in secondo piano”.
La senatrice Virginia La Mura, una di quelle che aveva spinto perché si votasse in favore del processo a Salvini e si era quindi dissociata dalla linea del gruppo, oggi ha chiesto ai suoi di risollevarsi dall’appiattimento sulla Lega: “C’è da lavorare sodo, dobbiamo allontanarci innanzitutto dall’appiattimento che ci ha visto allineati alla Lega, e dobbiamo lavorare sui nostri temi, quelli che da sempre costituiscono le nostre priorità: diritti umani, beni comuni, legalità, ambiente e natura, cultura, istruzione, turismo, agricoltura. Abbiamo i numeri in parlamento per incidere sugli indirizzi politici da dare e che sono necessari per il futuro del Paese. Se dopo queste elezioni gli equilibri dovessero sbilanciarsi al punto da non consentirci di lavorare per gli italiani, che si torni al voto”.
La deputata M5s Rina Valeria De Lorenzo ha parlato invece di risultato “impietoso”: “Inutile girarci intorno”, ha dichiarato, “il risultato di queste elezioni europee è impietoso per il Movimento 5 Stelle. Ruoli invertiti rispetto alle politiche del 2018 quando risultando il primo partito ci avviammo a governare il Paese. Proprio perché siamo sempre stati diversi da tutti gli altri ora dobbiamo innanzitutto riconoscere la sconfitta. Nelle prossime ore analizzeremo il voto, le ragioni dell’astensionismo e cercheremo di capire come migliorare per riconquistare la fiducia dei cittadini”. Analizzando il dato della Campania, De Lorenzo ha evidenziato che “il Movimento ha retto all’onda d’urto leghista confermandosi primo partito. Questo però non può concederci il lusso di adagiarci, per il Mezzogiorno, per la Campania e per Napoli bisogna fare di più”.
Chi ha esultato oggi sono invece i deputati tarantini del Movimento 5 stelel Giovanni Vianello e Alessandra Ermellino che hanno messo in evidenza la tenuta in Puglia nonostante i forti malumori per Ilva e Tap: “Siamo primi al Sud, primi in Puglia, primi sia nella provincia che nel comune di Taranto! La macchina del fango che abbiamo subito in questi mesi si è rivelata un boomerang: i detrattori del Pd, FI e Verdi hanno incassato vistose perdite in termini percentuali”, hanno scritto in una nota. “Ogni risultato merita un’analisi obiettiva e un’attenta riflessione. Siamo delusi dai risultati registrati al Nord e Centro. Da questo non si scappa ma, a livello locale, non possiamo far altro che sottolineare un aspetto incontrovertibile: il Movimento 5 Stelle si è dimostrato la prima forza politica”. Le percentuali del partito a “Taranto provincia e Taranto comune sono un’ulteriore conferma del lavoro che stiamo facendo sul territorio, pian piano portiamo a casa importanti risultati anche in materia di politica ambientale e riconversione economica”.
L’ipotesi passo indietro di Di Maio per ora non viene evocata da nessuno pubblicamente, se non dalla senatrice Paola Nugnes: “E’ il momento di aprire una fase costituente nel Movimento. Bisogna rimettere mano allo statuto del 2017 e rivedere il regolamento dei gruppi parlamentari”, ha detto all’agenzia Adnkronos. “Credo che alla luce del risultato sia necessaria una revisione della struttura dirigenziale” e quindi “una ridiscussione della leadership di Luigi Di Maio”. Il responso delle urne, che ha visto il M5s precipitare al 17%, secondo Nugnes “è la conseguenza di una scelta che è stata fatta a inizio anno scorso. Anzi, credo abbia origine addirittura nello statuto 2017. E’ la conseguenza di una strategia sbagliata, non è stato dato ascolto ad altri contributi all’interno del Movimento, ad altre visioni, altre sensibilità. E’ dalla vittoria alle politiche che alcuni di noi, come delle Cassandre, mettono in evidenza i punti di debolezza di questa gestione, senza essere però ascoltati. La conseguenza logica di questo percorso ha portato al risultato di ieri”.