Regole incerte e maglie larghe. E’ il mondo delle radio locali. Universo sconosciuto ai più. Dove non mancano le pressioni e i contatti anche con i vertici del ministero delle Telecomunicazioni. Una storia che da tempo sta raccontando la Procura di Milano attraverso diverse inchieste. L’ultimo capitolo riguarda un fascicolo per bancarotta fraudolenta e falso in bilancio la cui chiusura delle indagini è stata firmata dal magistrato qualche settimana fa. Gli indagati sono padre e figlio: Giacomino Bucchi e Gabriele Bucchi, milanesi di nascita e svizzeri di residenza. Si tratta di un vicenda complessa, fatta di raffinate triangolazioni societarie, esterovestizioni e denari drenati e poi nascosti. Sul piatto la società Advanced telecomunications and information srl (Ati). Società di cui il Fatto.it si era già occupato negli anni scorsi per una vicenda di sovrapposizione di frequenze radio che vedeva coinvolta da un lato Ati e dall’altro, nella veste di vittima, radio Lombardia.
In quel frangente lo stesso Gabriele Bucchi fu indagato ma poi assolto con la formula: “Il fatto non sussiste”. A finire condannato invece fu un dirigente pubblico, ovvero il funzionario ministeriale Domenico Spoto. Condanna a sei mesi per abuso d’ufficio per aver accelerato l’autorizzazione a trasmettere chiesta da Ati. In quel frangente, pur non indagato, il giudice nella sua sentenza individuò in Bucchi padre “l’attore” che ha “seguito la pratica (…) sia in veste di procuratore della società sia soprattutto quale Presidente del Comitato radio e tv locali (…) recandosi di persona sia a Roma negli uffici delle ministero delle Comunicazioni sia a Milano negli uffici dell’ispettorato sollecitando il rilascio dell’autorizzazione”.
Insomma, una storia italiana. Con Ati che dopo le vicende delle frequenze e con un fallimento dietro l’angolo, certificato poi il 21 dicembre 2017, tenta di correre ai ripari “distraendo la totalità del patrimonio aziendale”, trasferendo il tutto nella pancia di una società inglese. Prima di addentrarci nei due capi d’imputazione, è necessario rimettere insieme i pezzi di un complicato castello societario così come rappresentati nei due esposti che hanno poi dato il via all’indagine della procura di Milano. Risulta infatti che Ati per il 99% è detenuta da Europubblicte Sa, società di diritto lussemburghese costituita nel 2005 con “fondi provenienti da una società con sede a Panama”. Europubblicite è sostanzialmente riferibile alla famiglia Bucchi. “In data 30 marzo 2016 Gabriele Bucchi viene nominato amministratore unico”. Ma siamo solo all’inizio. Il restante 1% di Ati è posseduto da Unitedcom srl, a sua volta detenuta da Multi finance Sa, altra società di diritto lussemburghese, riferibile a Giacomino Bucchi. Non solo, Europpublicite detiene il 100% dell quote della società londinese Himadri con domicilio presso un’altra società “specializzata nell’apertura, domiciliazione e gestione di società”.
A questo punto torniamo al capo d’imputazione. Qui il patrimonio aziendale distratto consiste in “due concessioni radiofoniche”. Ecco il giro, ricostruito dalla Procura: “Prima le concessioni” vengono conferite “alla società di diritto inglese Himadri”, società, come si è visto, riconducibile ai Bucchi. E poi “successivamente” conferendo “le quote societarie” alla Europpublicite “controllante di Ati srl”. Insomma, un giro societario complicato. Di più: “Cagionavano il dissesto della società commettendo plurimi fatti di falso in bilancio (…) che consentivano la prosecuzione dell’attività e il conseguente aggravamento del dissesto”. Un’attività “criminale” che secondo la Procura permetteva “la distrazione del patrimonio nonostante la perdita di capitale, quantomeno dal 2014 anno in cui le banche hanno revocato gli affidamenti”. Alla fine, si legge nell’avviso di chiusura delle indagini preliminari, “il danno” ammonta “a 1.300.000 euro”. Ma c’è un altro fatto grave, denunciato negli esposti. Davanti a tali complicati passaggi societari, infatti, il ministero delle Telecomunicazioni, senza mai rispondere alle sollecitazioni, ha ratificato la cessione a Himadri iscrivendo la stessa società come concessionaria di frequenze radiofoniche.