I giudici della più alta Corte restano un argine all’offensiva degli Stati conservatori contro il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza: confermato che uno Stato non può vietare alle donne di abortire nel caso in cui vengano rilevate delle malformazioni, ma possibilità di cambiare decisione in futuro. Legittima la decisione di una scuola di consentire agli studenti transgender di usare i bagni che corrispondono alla loro identità di genere
Nel pieno di un’offensiva degli Stati conservatori contro il diritto all’aborto, la Corte suprema degli Stati Uniti resta un argine a chi cerca di abolire l’interruzione volontaria di gravidanza ma assume una posizione a metà sul tema. Da una parte infatti, ha stabilito che è legale la sepoltura o la cremazione dei resti dei feti a seguito dell’aborto. Dall’altra, ha confermato che uno Stato non può vietare alle donne di abortire nel caso in cui vengano rilevate delle malformazioni del feto, riservandosi però la possibilità di cambiare ulteriormente opinione su questo aspetto. Nello stesso giorno, la Corte suprema ha anche respinto l’istanza di un gruppo cristiano conservatore, mantenendo la decisione di un distretto scolastico della Pennsylvania di consentire agli studenti transgender di usare i bagni che corrispondono alla loro identità di genere.
Le due pronunce sull’aborto
Le due leggi sull’aborto su cui è intervenuta la Corte erano state entrambe promulgate nel 2016 dall’allora governatore repubblicano dell’Indiana Mike Pence, diventato poi vicepresidente Usa e noto per le sue rivendicazioni di fede cristiana. Erano state bloccate da tribunali federali nel 2017. L’Indiana aveva allora presentato ricorso alla Corte suprema, che nel 1973 ha legalizzato il diritto all’aborto e da allora ha confermato la sua giurisprudenza diverse volte. A proposito della prima legge, viene sancito che è legale la sepoltura o la cremazione dei resti dei feti a seguito dell’aborto come “per gli altri resti umani” e non come “rifiuti sanitari“. Questa disposizione “non riguarda il diritto delle donne” ad abortire e può dunque entrare in vigore, ha giudicato la Corte suprema Usa.
I giudici della più alta Corte del Paese, invece, hanno mantenuto la prudenza su un’altra legge dell’Indiana che proibiva gli aborti “che si basano solo sul sesso del nascituro, razza o disabilità, inclusa la sindrome di Down”. Per infatti è stato confermato il no al provvedimento già sancito dalla Corte d’appello, ma i magistrati americani si sono riservati il diritto di pronunciarsi nuovamente in futuro. “Seguiamo la nostra pratica abituale che consiste nel respingere le richieste finché i punti legali sollevati non siano stati prima studiati dalle Corti d’appello”, afferma la Corte suprema, prendendo di fatto tempo.
La destra religiosa in questo periodo è galvanizzata dall’arrivo alla Corte suprema di due giudici conservatori nominati da Donald Trump (che ha messo in minoranza i giudici progressisti, rimasti quattro su nove). Diversi Stati conservatori dunque, fra cui l’Alabama e la Georgia, hanno adottato recentemente delle leggi molto restrittive sull’aborto nella speranza che, grazie a questi nuovi giudici, la Corte suprema ritorni sui suoi passi rispetto al pronunciamento ‘Roe v. Wade‘ del 1973.
La sentenza sui transgender
I giudici della Corte suprema hanno invece lasciato in vigore la sentenza di una corte inferiore che aveva confermato la direttiva del Boyertown Area School District, in base alla quale gli studenti transgender possono scegliere quali bagni e spogliatoi usare a seconda di quali corrispondano alla loro identità di genere. A impugnare la direttiva era stato un gruppo di studenti, rappresentanti di un’organizzazione legale cristiana conservatrice, la Alliance Defending Freedom, secondo cui consentire agli studenti transgender di usare bagni e spogliatoi che corrispondono alla loro identità sessuale viola i loro diritti alla privacy.