“L’omicidio di Vincenzo Pirillo e l’omicidio di Cataldo Aloisio appaiono essere il prodotto di quella che fu una vera e propria strategia di sangue intrapresa dai capi storici della Locale di Cirò”. È quanto scrivono i pm di Catanzaro dell’inchiesta che oggi ha portato all’arresto del Cataldo Marincola e di Giuseppe Spagnolo destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Paola Ciriaco su richiesta del procuratore Nicola Gratteri, dell’aggiunto Vincenzo Luberto e dei sostituti Paolo Sirleo e Domenico Guarascio. Nell’inchiesta sono indagati anche due boss ergastolani. Si tratta dei fratelli Silvio e Giuseppe Farao. Tutti e quattro sono accusati dell’omicidio di Vincenzo Pirillo avvenuto il 5 agosto 2007 a Cirò Marina in provincia di Crotone dove all’interno di un ristorante i killer scaricarono una pioggia di proiettili che ferì pure una bambina di 11 anni colpita da un proiettile tra la spalla e la trachea. Il boss Pirillo, infatti, era a cena con i propri familiari e amici quando i sicari non si fermarono nemmeno davanti alla piccola che la vittima teneva in braccio.
Una parte dell’inchiesta, partita dall’operazione “Stige”, è stata sviluppata dai magistrati di Catanzaro in sinergia con la Procura di Milano che ha eseguito, invece, l’arresto di Silvio Farao, Cataldo Marincola, Vincenzo Farao e Vincenzo Rispoli. Quest’ultimo è il capo locale di Lonate-Pozzolo e assieme agli altri è accusato dell’omicidio di Cataldo Aloisio, consumato il 27 settembre 2008 a Legnano. Il pentito Giuseppe Vrenna ai pm ha raccontato che Aloisio è stato “assassinato sempre per volere della cosca cirotana e tra le motivazioni vi era proprio quella della paura che volesse vendicare proprio la morte di Cenzo Pirillo”. Per eseguire la sentenza di morte, secondo la ricostruzione degli inquirenti, è stato incaricato il capo locale di Lonate e questo, secondo gli inquirenti, conferma che le due locali di ‘ndrangheta (quella calabrese e quella lombarda) siano strettamente collegate e operano in stretta sinergia. Le misure sono state eseguite dagli uomini del Ros con il contributo fondamentale della Dia di Milano.
Sul movente che ha portato all’omicidio di Cenzo Pirillo c’è l’accusa da parte del clan di un’impropria gestione delle casse comune. In sostanza, il boss ucciso avrebbe anteposto i propri interessi investendo i soldi che servivano al mantenimento delle famiglie dei detenuti nella costruzione del proprio palazzo. Ai magistrati lo racconta il pentito Francesco Oliverio secondo cui “Pirillo ha utilizzato i soldi della bacinella per i cazzi suoi, facendo morire di fame i parenti dei carcerati. Non era stato alla regola sociale, insomma, la regola d’assistenza e ‘ste cose qua”.
Già condannato con sentenza definitiva per associazione mafiosa, il boss Vincenzo Rispoli è accusato di essere uno dei due esecutori dell’omicidio di Cataldo Aloisio, cugino della moglie. Stando alla ricostruzione degli inquirenti, infatti, dopo essersi incontrati con la vittima presso il centro commerciale di Solbiate Olona, assieme a Vincenzo Farao con una scusa avrebbero indotto Cataldo “a trattenersi a Legnano dandogli un ulteriore appuntamento serale”. “Quindi – è scritto nel capo di imputazione – mentre questi era seduto lo colpivamo alle spalle sparandogli un unico colpo di pistola”. Morto sul colpo, il cadavere di Aloisio era stato abbandonato nel campo antistante il cimitero di San Giorgio su Legnano.
Se la Calabria decide, la Lombardia esegue. “Il carattere di subalternità della locale di Legnano-Lonate Pozzolo rispetto alla cosca egemone in Cirò Marina – è scritto nell’ordinanza del gip – risulta confermata dallo stesso Rispoli quando, nel summit di Cardano al Campo del 20 gennaio 2009 (in cui tutti i vertici delle locali lombarde sono impegnati a pianificare il futuro assetto dell’organizzazione in terra lombarda a seguito dell’uccisione di Nunzio Novella), viene captata la seguente frase ‘Allora è logico che ci sono due o tre paesi di qua che sono in difficoltà, perché se a Cirò portano questo compare ed io attivo con voi litigo giù o qua”.