Da qualche ora ricevo complimenti o richieste di chiarimento perché sono stato invitato alla annuale riunione del gruppo Bilderberg, in Svizzera, come hanno riportato alcuni siti. I complimenti mi sembrano eccessivi, ai chiarimenti rispondo in maniera sintetica e poi argomentata. Versione sintetica: faccio il giornalista, quindi sono curioso, mi interessa partecipare a un evento di cui tanto si discute e che riunisce personalità che qualunque giornalista vorrebbe avvicinare.
Versione estesa dell’argomentazione. Qualche anno fa il sito Dagospia aveva lanciato una incomprensibile campagna nei miei confronti usando come insulto il fatto che io sarei stato in qualche modo legato al Bilderberg. Cosa, all’epoca, totalmente priva di fondamento, semplicemente collaboravo con Otto e Mezzo di Lilli Gruber la quale ha partecipato a diverse riunioni del gruppo ed è uno dei membri dello steering committee, una specie di comitato organizzatore degli eventi. A Dagospia non era piaciuto un mio articoletto in cui non prendevo troppo sul serio la tesi che a una cena romana del Bilderberg avessero pianificato l’uscita dell’Italia dall’euro o qualche altro piano sulfureo.
Quella vicenda mi ha però lasciato la curiosità di come funzionassero queste riunioni a cui tanti complottisti attribuiscono al capacità di decidere i destini del mondo. Mi sono letto i libri di questi teorici della cospirazione, per esempio Daniel Estulin, cui auguro di essersi almeno arricchito con le sue “inchieste”, tanto suggestive quanto prive di elementi concreti. Ho anche dedicato una puntata della trasmissione Wikiradio di Radio3 alla storia del Bilderberg, alle leggende e a quello che si conosce di questa riunione annuale di politici, manager, giornalisti, uomini di finanza. Per gli interessati, la trovate qui su RaiPlayRadio.
Mi è anche capitato di poter assistere a una riunione della Trilateral, altro feticcio dei complottisti, quando si è riunita a Roma. Esperienza interessante, di cui peraltro ho scritto sul Fatto. Certi dibattiti che ho ascoltato lì sulla Cina mi sono stati più utili per capire le ambizioni di Pechino più di tutte le ultime annate dell’Economist.
So che molti appassionati di queste cospirazioni rimarranno delusi, perché ha un suo fascino immaginare che il caos che ci circonda sia almeno il prodotto di una regia occulta, ma questi eventi sono soltanto convegni, occasioni di dibattito. Si svolgono a porte chiuse, certo, come migliaia di altri eventi ogni giorno in tutto il mondo. E magari tra un caffè e l’altro qualcuno coglie l’occasione per discutere materie delicate. Ma la regola generale che vige per i giorni dell’evento è sempre quella standard: Chatam House. Tradotto: le informazioni e le idee che si ascoltano possono essere rielaborate e utilizzate “liberamente”, purché non vengano attribuite direttamente a chi le ha pronunciate.
La ragione è ovvia: molti dei partecipanti non sarebbero liberi di esprimere opinioni e idee in modo aperto se tutto fosse in streaming o pubblico perché le loro parole sarebbero attribuite anche alla istituzione o azienda di appartenenza. L’unico scopo vero di questi eventi – nati durante la Guerra Fredda come occasioni di incontro tra leader del mondo occidentale – è proprio creare un contesto di dibattito franco e aperto, proprio in quanto non istituzionale.
Una delle cose interessanti del Bilderberg, che mi pare leggermente diversa rispetto alle regole di ingaggio della Trilateral, è che tutti partecipano a titolo personale, non come rappresentanti delle rispettive istituzioni (questo significa anche che le spese di viaggio e alloggio sono individuali, come ricorda il sito ufficiale). Per il resto, la lista degli invitati è pubblica, la scaletta degli argomenti di discussione pure. Di gente interessante ce n’è parecchia, dall’ad di Microsoft Satja Nadella alla nuova leader della Cdu Annegrette Kramp-Karrenbauer al 95enne Henry Kissinger (c’è pure il suo biografo, lo storico Niall Ferguson). Non si tratta neppure di una “organizzazione”, nel senso che non c’è alcuna membership: c’è una struttura amministrativa, un comitato organizzatore ma i partecipanti non sono “membri” del Bilderberg. La riunione è formalmente un convegno, identico nella struttura a tanti a cui ho partecipato negli anni ma con un parterre piuttosto interessante.
La ragione per cui viene mantenuta una certa riservatezza sul dove e quando avviene la riunione (è stato comunicato oggi) è paradossale: non si tratta del desiderio di fare tutto nell’ombra, il problema sono proprio gli esaltati dalle teorie del complotto che rischiano di creare problemi di sicurezza a personaggi che sono potenziali obiettivi sensibili. Restano celebri le intemerate dell’ormai ex leghista Mario Borghezio, per esempio.
A me sembra un’opportunità interessante di capire meglio questa complicata fase e per raccogliere idee con cui alimentare articoli e libri nei prossimi mesi.
E ora, scusatemi, ma devo andare a completare i piani per piegare l’eroica resistenza dei terrapiattisti, rovesciare un paio di governi in Sud America ma non prima di aver gestito qualche dettaglio con i rettiliani…