Stava dormendo, quando durante il riposino ha iniziato ad agitarsi nel sonno. Allora un’educatrice, vedendo le labbra cianotiche, ha chiamato i soccorsi. Ma per il piccolo di 10 mesi non c’è stato nulla da fare e quando è arrivato il 118, allertato dalle maestre, ogni tentativo di rianimarlo è stato inutile. È successo in un asilo privato a Roma, in via della Marrana nel quartiere Appio. Sul posto sono arrivati anche i carabinieri. Allertati subito i soccorsi le maestre hanno ricevuto indicazioni dagli operatori in attesa dell’arrivo dell’ambulanza del 118 e dell’automedica, ma non hanno dato nessun risultato. Le educatrici sono state portate in caserma per essere ascoltate e l’ingresso dell’asilo è ora presidiato da una pattuglia dei carabinieri. Al momento si ipotizza un malore ma sarà l’autopsia a chiarire le cause del decesso. Il corpo del bambino è stato trasportato all’istituto di Medicina Legale dell’università La Sapienza. Sulla vicenda sono in corso indagini dei carabinieri.
I casi di morte in culla – Ogni anno in Italia circa 300 bambini entro il primo anno di vita sono vittima della cosiddetta ‘morte in culla’, Sids (Sudden Infant Death Syndrome). Un dato da prendere con le molle, non facile da ricostruire visto che è ricavato da una diagnosi presuntiva che esige l’intervento di più soggetti – dai pneumologi, ai medici legali, alle forze dell’ordine – ma più che utile per tenere alta l’attenzione su una sindrome ancora poco conosciuta nelle cause su cui però, negli ultimi venti anni, grazie a campagne mirate relative ai comportamenti virtuosi, si è potuto fare molto per abbassarne l’incidenza. Si parla di “morte in culla” quando il decesso è improvviso e inaspettato e rimane inspiegabile anche dopo un’indagine post-mortem completa che comprende autopsia, esame delle circostanze del decesso e revisione della storia clinica del caso. La Sids è tuttora la prima causa di morte tra l’età di un mese e un anno perché altre malattie altrettanto pericolose e potenzialmente fatali vengono prevenute o curate con successo.
Dall’inizio degli anni ’90 si è però potuto fare molto. Nel ’95 negli Stati Uniti “ogni anno 6mila bambini venivano messi a dormire e il giorno dopo non si sarebbero più svegliati senza che nessuno sapesse perché”. Grazie alle campagne di informazione nel 2015 si è passati a un dato molto inferiore: “Meno di 3mila bambini morti all’anno”. Nel 1994 “si contavano 150 ipotesi diagnostiche” e la fascia critica è stata individuata tra il secondo e il quarto mese di vita. In Italia dati più precisi si hanno a livello regionale. In Toscana le Sids rappresentano il 43% dei decessi con 3-4 casi attesi all’anno (1 su 10mila). Ecco dunque le regole da seguire per prevenire la “morte in culla”: la posizione più idonea per il neonato è dormire sulla schiena, su un materasso rigido senza cuscino nella stanza dei genitori ma non nel letto con loro; stop al fumo in gravidanza e nell’ambiente del bambino; tenere il neonato lontano da fonti di calore e in una temperatura ideale compresa tra i 18 e i 20 gradi; dispensare latte materno “miglior alimento” e se possibile allattare il bambino al seno. Infine, anche l’uso del succhiotto durante il sonno dal primo mese di vita in poi può ridurre il rischio di Sids. Studi recenti hanno evidenziato in Usa, Francia, Nuova Zelanda, Australia, Paesi Bassi e Regno Unito una diminuzione del 40-50% dei casi dopo la diffusione di questa raccomandazioni.