L'ex consigliere comunale di Milano, finito in carcere lo scorso 7 maggio in una inchiesta della Procura su un giro di tangenti, era candidato nel Nord Ovest con Forza Italia e ha ottenuto 996 voti. Il suo nome era finito anche nella di 'impresentabili' della Commissione parlamentare antimafia
L’ex consigliere comunale milanese Pietro Tatarella, candidato alle europee non eletto ed ex vicecoordinatore lombardo di Forza Italia, deve rimanere in carcere. Lo ha deciso il Tribunale del Riesame di Milano che ha respinto la richiesta di revoca della misura cautelare avanzata dal politico coinvolto nella maxi inchiesta della Dda milanese.
Sono state respinte anche le richieste di revoca di altri due indagati. Tatarella, ex consigliere comunale di Milano finito in carcere lo scorso 7 maggio in una inchiesta della Procura su un giro di tangenti, era candidato nel Nord Ovest con Forza Italia e ha ottenuto 996 voti. Il suo nome era finito anche nella di ‘impresentabili’ della Commissione parlamentare antimafia. Ben diverso il risultato elettorale di Lara Comi – indagata per finanziamento illecito – che con oltre 32 mila preferenze è la donna maggiormente votata in Forza Italia nel Nord Ovest.
I pm di Milano Luigi Furno e Silvia Bonardi, assieme all’aggiunto della Dda Alessandra Dolci, avevano insistito nell’udienza davanti al Riesame sul fatto che la misura cautelare in carcere fosse essenziale perché le indagini sul sistema di corruzione, appalti e nomine pilotate e finanziamenti illeciti alla politica sono ancora in corso. Come testimonia anche l’iscrizione di Lara Comi.
Secondo la difesa, per quanto riguarda l’accusa di finanziamento illecito ci sarebbero soltanto “violazioni di tipo amministrativo e non penale”. Per i pm un finanziamento da 25mila euro venne dichiarato da Tatarella, ma usato da Fabio Altitonante, altro politico azzurro, arrestato. Per la difesa, però, Tatarella era “mandatario elettorale” di Altitonante. La difesa in udienza aveva contestato anche l’accusa di associazione per delinquere. Per i difensori, il politico non sarebbe stato parte attiva di quel gruppo che, secondo i pm, vedeva in campo l’imprenditore Daniele D’Alfonso e il presunto burattinaio del sistema, Gioacchino Caianiello.
Secondo la linea difensiva, Tatarella non sarebbe stato più che uno spettatore semmai. Per quanto riguarda la contestazione di finanziamento illecito, la difesa aveva insistito sul punto che, aver dichiarato quel finanziamento per Tatarella, con l’utilizzo dei soldi per la campagna elettorale di Altitonante, come ipotizzano i pm che su questo fronte contestano anche una corruzione, sarebbe semmai soltanto una violazione amministrativa, perché quel finanziamento elettorale è stato comunque dichiarato e non è illecito.