“Diamoci del tu”. Le prime parole di Antonio Decaro sono la cifra di un metodo. Vincente, lo dicono i risultati: il sindaco di Bari ha conquistato il secondo mandato con quasi il 67 dei consensi al primo turno, più di quanto racimolato al ballottaggio del 2014. La gente si fida. “Per strada tutti mi chiamano Antonio. Magari poi si lamentano delle cose non fatte o mi mandano a quel paese, però è il sintomo della caduta di quella barriera che spesso c’è tra istituzioni e cittadini”. Nessuna narrazione vendoliana, neanche un grammo di decisionismo alla Emiliano o alla Renzi, tanto basso profilo e sobrietà. Come quella della festa a vittoria acquisita, come le risposte a questa intervista. Chi cerca titoli, polemiche e sensazionalismi ha sbagliato personaggio: lettore avvisato mezzo salvato.
Stanco?
Sì, non ho dormito
La colpa di chi è (come recita il ritornello della canzone che ha fatto da traino alla sua campagna elettorale)?
Della Red Bull, non di Decaro
Che non urla e non fa slogan: quindi si può vincere anche così?
Ho sempre evitato polemiche e demagogia. Ho fatto il sindaco cercando di risolvere i problemi, anche quelli più complessi: mi sono messo contro la criminalità organizzata, ho denunciato personalmente le estorsioni, ho promosso i diritti civili.
Si aspettava un risultato del genere?
Quando ho visto il risultato delle europee in molti mi hanno detto serve un miracolo per vincere al ballottaggio. E invece questa vittoria è la dimostrazione che non è un miracolo lavorare tutti i giorni impegnandosi per la città e abbandonando slogan e demagogia. L’ho fatto secondo le mie idee: non ho ceduto alle polemiche, anche a livello nazionale, in cui spesso hanno cercato di farmi entrare.
La sua carriera politica è stata accompagnata dalle etichetta: prima uomo di Emiliano, poi renziano osservante.
Non rinnego nulla, ma ho sempre mantenuto le mie idee, anche quando c’è stato da mettersi contro i governi, sia da sindaco che da presidente dell’Anci. Con Renzi, Gentiloni e Conte mi sono scontrato per difendere le comunità, ma ho sempre conservato ottimi rapporti istituzionali. Anche con Emiliano e Renzi contemporaneamente e vi assicuro che è stata una delle prove più difficili di questi anni.
Il dialogo con tutti, prima di tutto
Cerco di trovare soluzioni ai problemi e quando c’è da prendere una posizione netta la prendo
Lei e gli altri sindaci Pd vittoriosi al primo turno sono un’ottima notizia per Zingaretti: che messaggio vuole inviare al segretario?
Nessuno, è un presidente di Regione, sa che se si amministra bene il consenso arriva: bisogna dimostrare ai cittadini che si lavora per il bene della comunità
Il 67% è un dato impressionante, specie se si considera che alle europee a Bari il Pd ha preso il 20% (e appena il 16% la lista democratica alle comunali).
La differenza è di 41 punti percentuali. Significa che ho preso tanti voti anche da persone con provenienza e idee politiche diverse dalla mia. Hanno votato Antonio, non il candidato di un partito. E questo fa aumentare la responsabilità. Ma le mie idee restano le stesse: accoglienza, diritti civili, lotta alla criminalità.
Renzi, Emiliano, Tosi, Pisapia: da sindaci a leader nazionali, al netto dell’esito. Ci vuole provare anche lei, magari in futuro?
No. Io, come Dario Nardella, sono stato già parlamentare. Il partito aveva già investito su di me, ho già avuto una dimensione nazionale. Poi ho deciso di tornare indietro, sul territorio, a fare il mestieri più bello del mondo, racchiuso alla perfezione nella definizione di Mattarella, secondo cui il sindaco è il terminale più esposto e più sensibile della repubblica.
Zingaretti l’ha chiamata?
Sì, subito. Pure troppo: erano usciti i primi dati, gli ho consigliato di aspettare. Ma lui si è fidato delle proiezioni altissime.
Vi vedrete?
Sì. Ci siamo già incontrati e sentiti varie volte, ci incontreremo in futuro. Lui è davvero un segretario molto attento.
La sua campagna elettorale è diventata virale in tutto il Paese: quanto ha contato?
Come dice Giovanni Sasso (fondatore di Proforma, società che ha curato la comunicazione di Decaro, ndr) le campagne servono a valorizzare le cose che si fanno, se non hai fatto nulla la comunicazione serve a poco.
È stato attore, protagonista di un videogame, cantante
Ci siamo divertiti molto.
Come è nato il rap Colpa di Decaro?
C’era un consigliere comunale che mi riempiva di manifesti in cui ero accusato di qualunque cosa. Abbiamo pensato di farci una canzone. Non è la prima volta che cantavo, l’ho fatto spesso, anche sul palco del teatro Petruzzelli: una vergogna”
A proposito di vergogna: il tribunale che ancora non c’è rappresenta la vergogna massima
Ho detto ai magistrati: siete riuscite a decapitare 14 clan criminali, vi dovevamo fare una statua, vi abbiamo regalato una tenda. Nel 2014 ho costretto Renzi a cambiare una legge vecchia, adesso la situazione si è sbloccata: siamo stati convocati per firmare il nuovo protocollo che conferma il finanziamento per realizzare il primo lotto del nuovo tribunale. E c’è anche un segno di buon auspicio.
Ovvero?
Il ministro Bonafede ha scritto al sindaco Decaro per convocarlo il 28 maggio, poi ha spostato tutto a metà giugno. Mi ha portato fortuna.
Cosa farà dopo il secondo mandato?
Tornerò al mio lavoro: sono capo dell’ufficio progetti regionale dell’anas. Da ingegnere, mi occupo di strade statali
Quindi preparerà la strada per andare a Roma?
Ci sono già stato e dopo un anno mezzo sono tornato a casa. Ho fatto bene, sto bene qui.