Ha tentato il suicidio nel carcere di Novara Nicholas Musi, il 23enne arrestato nei giorni scorsi con l’accusa di omicidio volontario pluriaggravato per la morte del figlio della compagna, a sua volta indagata e ai domiciliari. Il piccolo aveva appena 20 mesi e sul suo corpo sono stati trovati “segni di maltrattamenti pregressi”. Giovedì 23 maggio scorso la madre aveva chiamato il 118 perché il figlio “stava male”: è morto al suo arrivo all’ospedale Maggiore.
Martedì si sono celebrati i funerali del piccolo. Poche ore prima, nella notte tra lunedì e martedì, il 23enne ha cercato di impiccarsi con un lenzuolo alle inferriate della sua cella. A comunicare la notizia è stata l’Osapp (organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria) sottolineando che solo l’intervento degli agenti ne ha evitato la morte.
Il 23enne era recluso da venerdì quando gli agenti della squadra mobile di Novara lo avevano arrestato su ordine della procura con la compagna Gaia Russo. Era stata proprio la compagna (che ora si trova ai domiciliari in una struttura protetta) a telefonare giovedì scorso al 118 perché il figlio di venti mesi si sentiva male. La donna aveva raccontato ai soccorritori che il bambino era caduto dal letto. E l’autopsia sul bimbo, morto all’arrivo in ospedale, ha rivelato una serie di traumi e un’emorragia al fegato per un violento colpo all’addome.
Nicholas Musi, con problemi di droga e numerosi precedenti alle spalle, si è sempre avvalso della facoltà di non rispondere alle domande degli inquirenti. Di fronte al pm Ciro Caramore, titolare dell’inchiesta, si era infatti limitato a dirsi “ho la coscienza pulita“. Parole che il magistrato aveva definito “agghiaccianti“.