È iniziato il corteggiamento delle formazioni sovraniste ed euroscettiche a quello che, dopo il voto del 26 maggio, si è imposto come il primo partito europeo per numero di seggi conquistati: il Brexit Party dell’ex leader di Ukip, Nigel Farage. A dare inizio al botta e risposta europeo è stato il responsabile esteri della Lega, Marco Zanni, dichiarando che l’incontro con Farage “è andato bene, stiamo lavorando” e “vediamo di chiudere per la settimana prossima con lui”. Una notizia che, se confermata, rafforzerebbe il nuovo fronte sovranista guidato da Matteo Salvini, ma indebolirebbe i Cinque Stelle in Europa, visto che fanno parte della stessa fazione che faceva parte del gruppo Efdd. Ma l’euroscettico britannico ha voluto subito abbassare i toni, spiegando di essersi “incontrato” col M5s “ed è andata in modo molto amichevole anche se abbiamo problemi interni da risolvere“.
Alla domanda dei reporter se stesse per abbandonare il gruppo condiviso con i pentastellati e con l’unico partito della nuova coalizione messa in piedi da Luigi Di Maio che ha passato la soglia di sbarramento, i croati di Zivi Zid (1 seggio), Farage ha risposto con una battuta: “Sono un Leaver, ma in questo caso sono per restare“. Dichiarazioni in contrasto con quelle di Zanni che ha invece fornito conferme sulle trattative con il partito britannico pro-Brexit: “Siamo a buon punto. Siamo convinti di poter chiudere. È ovvio – ha spiegato – che lui deve dichiarare che ha più opzioni, ma è un buon accordo ed è un beneficio comune stare insieme. Sono confidente che possiamo chiudere settimana prossima, al di là di quello che viene dichiarato pubblicamente”. Parole rispedite al mittente dallo stesso Farage: “La speculazione è una cosa straordinaria nella vita”.
Rimane da capire quanto il grande numero di seggi garantito da un’alleanza con il Brexit Party possa effettivamente portare giovamento e maggiori energie a un gruppo politico. Se il termine stabilito per l’uscita del Regno Unito dall’Unione venisse rispettato, i 29 britannici euroscettici peserebbero sugli equilibri europei solo fino al 31 ottobre, con scarse possibilità di poter intervenire nel processo di discussione e nomina delle alte cariche dell’Unione.