Ancora una volta immagini choc da un allevamento di maiali destinati a diventare prosciutti Dop. La notizia sembra ormai di averla già sentita. Infatti è stata già sentita più e più volte, ma d’altronde di un problema che si ripete è necessario continuare a parlarne.
E non si tratta solo di animali chiusi in gabbie minuscole o di sovraffollamento nei capannoni. Quello che è stato documentato da un investigatore di Essere Animali, che nell’allevamento ci ha lavorato per una ventina di giorni indossando una telecamera nascosta, sono gravi maltrattamenti, illeciti e procedure irregolari.
Le violenze erano all’ordine del giorno. Tanto che in un breve periodo di tempo sono stati filmati maiali picchiati e scaraventati nei recinti, prolassi anali chiusi con spille da balia e la macabra abitudine, dopo la mutilazione, di gettare testicoli e code dei suinetti nella mangiatoia delle scrofe, portate così al cannibalismo. L’allevamento è stato denunciato per maltrattamento di animali, articolo 544-ter del codice penale, anche per le procedure di castrazione effettuate senza anestesia su animali di uno o due mesi di età da normali operatori (oltre i sette giorni simili operazioni devono essere eseguite dal veterinario e prevedono l’utilizzo di anestesia).
Questa denuncia fa parte di un lavoro che stiamo portando avanti su diversi casi, con cui puntiamo al riconoscimento del reato di maltrattamento anche per gli animali cosiddetti “da reddito”. Finora per quanto messo in atto nei loro confronti all’interno degli allevamenti è stato riconosciuto solo il trattamento non idoneo, comminando una semplice sanzione, e mai il maltrattamento. Ovvio che la leggerezza con cui sono trattate le violenze su questi animali, considerati quasi al pari di oggetti o mezzi produttivi, rende più facile la loro diffusione. Si tratta di un meccanismo che stiamo cercando di bloccare, e il primo processo in seguito a una nostra azione legale è da poco iniziato a Forlì, proprio nei confronti di un fornitore di Prosciutti Dop.
Parte delle scene riprese in questo grande allevamento in provincia di Mantova sono state mostrate in esclusiva su Report la settimana scorsa, all’interno dell’inchiesta “La Porcata”, che tratta anche di gravi frodi all’interno del circuito dei prosciutti Dop. Il video completo è un pugno allo stomaco, difficile da guardare tutto.
Qui il documento [ATTENZIONE: IMMAGINI FORTI]
Potrebbe trattarsi di un caso isolato? Sì in teoria potrebbe, ma la realtà è un’altra: negli ultimi anni ogni volta che esce un filmato di questo tipo da allevamenti intensivi si riscontrano situazioni troppo simili tra loro. Anche nella filiera d’eccellenza, che abbiamo documentato più volte a partire dal 2016 a oggi, denunciando persino un allevamento dove gli animali venivano uccisi a martellate in testa. Ogni volta a sentire i responsabili di categoria sembra sia un caso isolato. Possibile che i nostri investigatori abbiano sempre la fortuna di capitare sempre e solo in mezzo a quei pochi casi isolati?
Il problema purtroppo è tristemente diffuso all’interno degli allevamenti intensivi, da cui viene la quasi totalità della carne presente sul mercato.
Il primo pensiero di molti quando si parla di allevamenti intensivi e pubblichiamo simili immagini è “dovremmo allevare gli animali con più spazio, farli vivere all’aperto” oppure “la soluzione è scegliere carne di animali allevati diversamente”. Il fatto è che l’intensivo non è stato sviluppato per cattiveria verso gli animali, è semplicemente una risposta efficiente a una domanda di mercato: se gli italiani vogliono continuare con gli attuali consumi di carne, per cui macelliamo ogni anno più di 600 milioni di animali l’anno, questi sono gli spazi che gli animali possono avere.
Oggi per quanto riguarda la carne di maiale il 99% viene da questo tipo di allevamenti. La possibilità di scegliere diversamente non esiste nemmeno. Ecco perché il discorso più importante e che sarebbe bene affrontare è un altro: solo partendo da una riduzione drastica dei consumi, e quindi del numero di animali allevati ogni anno, si potrebbe pensare di dar loro condizioni di vita più dignitose e spazi all’aperto (fermo restando che poi il momento di andare al macello, con tutta la violenza nei loro confronti che comporta, rimane lo stesso anche per gli animali allevati in condizioni migliori).
Se non vogliamo più vedere simili immagini sta a noi fare qualcosa. Il consumatore ha la possibilità di intervenire fin da subito, partendo proprio dalla riduzione della domanda. Non ci si può sempre lamentare aspettando che le cose cambino da sole, senza volersi mettere in gioco nemmeno un po’.