È arrivata una prima decisione favorevole ad uno degli arrestati nella maxi indagine della Dda milanese su un sistema di tangenti, appalti e nomine pilotate e finanziamenti illeciti. Il Tribunale del Riesame, infatti, ha revocato gli arresti domiciliari per l’imprenditore Renato Napoli, legale rappresentante di Edilnapoli e accusato di turbativa d’asta in un filone, il primo emerso nell’inchiesta milanese, e gli ha comminato la meno pesante misura interdittiva del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione.
Nel frattempo, invece, sono state respinte diverse istanze di revoca delle misure presentate nei giorni scorsi al Riesame, tra cui ad esempio quella dell’esponente di FI Pietro Tatarella, che resta in carcere, ma anche quella dell’ormai ex assessore all’Urbanistica di Gallarate (Varese) Alessandro Petrone, accusato di associazione a delinquere come Nino Caianiello, il presunto ‘burattinaio’ del sistema. Anche Petrone, dunque, resta in carcere. Respinte finora anche le questioni di incompetenza territoriale della Dda ad indagare presentate da alcune difese.
Napoli è indagato nel capitolo di una presunta turbativa d’asta su una gara indetta dall’Amsa, l’azienda che si occupa di rifiuti a Milano, per il cosiddetto ‘servizio neve’. Come si legge negli atti, “la prima fase dell’ampia indagine” si è incentrata proprio sulla sua “figura”, che è “a capo di due distinte società che si occupano di lavori edilizi, movimento terra, trasporto di inerti, realizzazione di gasdotti, acquedotti fognature ed attività collegate nell’ambito di procedure ad evidenza pubblica”. Il Riesame ha deciso, però, di revocargli la misura dei domiciliari e di disporre per lui soltanto quella interdittiva. Deve restare in carcere, invece, secondo i giudici del Riesame, Alessandro Petrone, ritenuto “braccio destro di Caianiello, sul versante amministrativo ed istituzionale del Comune di Gallarate”. Respinte, finora, anche altre istanze al Riesame di altri indagati.
Caianiello sostiene di non aver mai preso “soldi in modo illecito” e che il denaro raccolto durante la sua attività politica “lo ha messo in Agorà, un’associazione culturale legata a Forza Italia e nel partito” come spiega l’avvocato Tiberio Massironi prima dell’udienza al Riesame, chiarendo anche che l’indagato è un “decisionista che aveva rapporti coi vertici locali e nazionali” di FI. Il suo legale, prima dell’udienza al Riesame in cui si deve discutere l’istanza di revoca della misura cautelare, ha chiarito che Caianiello, in carcere per associazione per delinquere, corruzione e finanziamento illecito dal 7 maggio scorso, si ritiene “non un ‘burattinaio’ di illeciti, ma uno che ha sempre avuto una capacità politica, che parlava coi vertici di Forza Italia ed era in grado di muovere voti”, malgrado una condanna definitiva per concussione e il fatto che non avesse più ruoli formali nel partito (era stato coordinatore di FI a Varese e per i pm lo era ancora “di fatto”).
Caianiello, ha spiegato ancora l’avvocato, ripete in carcere che investigatori e inquirenti, che stanno facendo accertamenti su presunti ‘fondi neri’ nascosti e a lui riconducibili, “non troveranno un solo euro, anche all’estero, oltre ai conti da poche migliaia di euro sequestrati” e sostiene che ciò che ha raccolto in modo lecito “è andato ad Agorà e al partito”. E poi il legale ha aggiunto: “Vedremo cosa c’è di documentabile, cosa è stato registrato, bisogna attendere e avere la pazienza di smontare le accuse”. E ancora: “Caianiello non ammette di aver ricevuto denaro illecito da alcuno, lui ha sempre creduto di muoversi in un universo lecito, lui già 40 anni fa nel contesto di Gallarate (Varese) aveva una ricevitoria del Lotto e riceveva le persone che avevano un bisogno, una necessità”. Il legale ha spiegato ancora che lo stesso presunto “grande manovratore” del sistema vuole rendere interrogatorio davanti ai pm “per spiegare tutto”. Lo stesso difensore ha chiarito che tra le varie questioni sollevate davanti al Riesame “ce ne è una sull’origine e sull’inutilizzabilità delle intercettazioni partite da Busto Arsizio” e, poi, che se i giudici accoglieranno la questione della competenza territoriale “crollerà” tutta l’indagine, a partire dalle intercettazioni. In più, l’accusa di essere il vertice di un’associazione a delinquere, per la difesa, è “generica e non specificata”. Intanto, nella maxi indagine che vede oltre 100 indagati a Lara Comi, oltre al finanziamento illecito e alla corruzione, è stata contestata anche una nuova accusa di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ai danni del Parlamento europeo.