Società

Telecamere negli asili, perché è una misura insensata

A prima di vista, quella del governo sembra quasi una scelta logica e sana: in fondo, i nostri figli sono diventati la cosa più importante in assoluto, dunque cosa c’è di meglio che proteggerli con una videocamera che controlli le maestre dei nidi, negli ultimi anni e mesi al centro di casi di cronaca che le vedevano sotto accusa per maltrattamenti o incuria? Eppure, le cose sono molto diverse da come sembrano. E in realtà mettere i nostri figli sotto l’occhio di una videocamera non li rende più sicuri, né migliora gli insegnanti.

Partiamo dai casi di cronaca. Certo, ci sono stati e sono ovviamente inquietanti, se non peggio. Ma restano sempre casi isolati, nonostante i media li enfatizzino, specie se paragonati all’aumento esponenziale di casi di aggressione dei genitori verso gli insegnanti, oggi messi sotto accusa per qualunque cosa e, appunto, spesso persino fisicamente colpiti. Ma torniamo ai maltrattamenti degli insegnanti verso i bambini. Dove si sono verificati? Praticamente, sempre in asili nido privati, di quelli che nascono come funghi in tempi dove le madri, spaesate e anche un po’ disperate, non sanno a chi affidare i bambini, visto che una rete forte di nidi pubblici non c’è.

In questi nidi spesso mancano le condizioni di partenza perché si possano accogliere i bambini, dagli spazi alle educatrici davvero formate, dai piani didattici spesso inesistenti – e l’assenza di una didattica adeguata procura nei bambini danni gravissimi anche se invisibili, ma chi ne parla? – al cibo scadente. Uno Stato che si chiami tale, un ministro della Famiglia che si definisce tale dovrebbe investire sulla creazione di una buona rete di nidi e sul controllo attentissimo e costante delle strutture private. Dove ripeto, a volte i problemi non sono i maltrattamenti, ma più spesso il fatto che il bambino viene lasciato in una sorta di infelice parcheggio, dove non impara nulla, con conseguenti ritardi anche cognitivi e linguistici, se vi pare poco. Come tutto questo verrà magicamente risolto dall’introduzione di una videocamera, idea che liscia il pelo a genitori paranoici, non è chiaro.

Ma oltre ai controlli serrate nelle strutture private più “selvagge”, quelle che magari esistono da poco tempo o nascono e muoiono in fretta, bisognerebbe senz’altro lavorare maggiormente sulla formazione degli insegnanti e sulla qualità della didattica. Anche in asili pubblici purtroppo ho visto bambini intrattenuti con canzoncine idiote, tenuti chiusi in classe per non fare la fatica di mettergli le scarpe e portarli fuori, non cambiati per pigrizia e sciatteria. Di nuovo, come tutto questo cambierà grazie a telecamere – e a filmati che i genitori non potranno visionare, perché saranno consultabili solo dopo denuncia alle forze dell’ordine – non è chiaro. Anzi è chiaro: non cambierà nulla.

E poi c’è un altro aspetto, sul quale posso senz’altro portare la mia esperienza di mamma che di asili nido ne ha visti e cambiati parecchi, dal pubblico al privato. Mettere una videocamera, oltre che far venire completamente meno il rapporto di fiducia tra insegnanti e bambini – ma anche tra insegnanti e genitori – dà un messaggio sbagliato ai genitori. Li spinge a disinteressarsi ancora di più non solo dell’asilo scelto, ma di cosa accade dentro quell’asilo. Invece bisognerebbe fare il contrario: quando si iscrive un bambino al nido, per il genitore inizia infatti un lavoro importante, altro che parcheggio. E cioè quello di informarsi, anzitutto, dell’attività didattica che si svolgerà in quella struttura: avete mai visto un genitore chiedere un Pof, un Piano di offerta formativa? No, ci si limita a guardare se il giardino ha i fiorellini.

Non solo: un genitore attento parla con le insegnanti, e lo fa spesso, durante gli incontri stabiliti, ma anche la mattina quando lo lascia o quando lo va a riprendere se può farlo.Quei minuti sono preziosi per capire se un educatore è adeguato e, davvero, non ci vuole tanto per arrivarci. Un genitore va a parlare con la direzione se qualcosa non va, esige il cambiamento di ciò che non funziona. Un genitore, anche, si informa dei contratti e delle condizioni di lavoro delle insegnanti, perché una ragazza sfruttata e sottopagata difficilmente potrà essere un’educatrice perfetta.

Facendo questo, senza radicalismi, aiuta sia il proprio bambino che gli altri. Non voglio farla lunga, ma personalmente ho tolto mio figlio da un costoso asilo nido dopo aver scoperto che il rapporto tra il numero di bambini e lo spazio non era assolutamente rispettato. Ma sono andata via anche da una struttura pubblica che aveva un’offerta formativa veramente carente. Mai e poi mai ho avuto paura di ciò che accadeva invece nelle strutture che, dopo un’osservazione attenta, avevo capito essere ben funzionanti. E ho aiutato, ad esempio, un’idea di un bell’asilo che faceva un diario on line in cui tutti i giorni venivano messe attività e foto della giornata. Semplice e perfetto, meglio di una videocamera.

Voi direte che le madri con meno strumenti culturali, o che non possono portare il bimbo al nido, tutto questo non possono farlo. In parte è vero. Ma qui si torna alle responsabilità dello Stato, che più che lavarsi le mani promettendo sicurezza attraverso una videocamera dovrebbe davvero monitorare strutture ed educatori, formare questi educatori, e magari formare anche i genitori perché possano riconoscere un asilo di qualità. Peccato che tutto questo sia fantascienza. Qui manca proprio la cultura, oltre che i soldi.

E a proposito di soldi. Cinque milioni per le videocamere di tutta Italia è una cifra con tutta evidenza ridicola, quindi c’è anche da chiedersi chi pagherà poi per gli impianti. Invece quei soldi potrebbero essere investiti molto meglio in una formazione di tutte le insegnanti in manovre di primo soccorso: disostruzione pediatrica delle vie respiratorie, rianimazione cardiopolmonare tramite massaggio toracico e mole altre cose.

Alcune maestre sono formate, perché lo hanno fatto per scelta propria o della struttura dove lavorano, ma non esiste – assurdamente – una legge che le obblighi, nonostante si siedano a mensa con bambini piccolissimi che rischiano il soffocamento. Questo sarebbe un investimento intelligente.

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Modificato da redazione web il 31 maggio 2019 alle ore 17.55