Portato alla sbarra grazie a un crowdfunding per avere dichiarato insistentemente che il Regno Unito mandava ogni settimana 350 milioni di sterline all’Unione europea. Una fake news che è stata determinante per la vittoria del referendum sulla Brexit. La vicenda che arriva in tribunale a Londra riguarda Boris Johnson, ex ministro degli Esteri britannico e capofila dei Brexiteers, che sarà convocato dai giudici con l’accusa di condotta scorretta nell’esercizio di un incarico pubblico. Cioè di avere mentito nel corso della campagna per il leave. A citarlo in giudizio è Marcus Ball, uomo d’affari di 29 anni, che grazie a un crowdfunding col quale ha raccolto 400mila sterline riuscirà a pagare il suo team legale per affrontare Johnson davanti ai giudici. L’intervento dell’ex sindaco di Londra, considerato il frontrunner nella corsa per la successione alla premier Theresa May, era stato decisivo per la vittoria della Brexit, ottenuta con il 52% circa dei voti.
Johnson dovrà ora presentarsi in tribunale per un’udienza preliminare, che determinerà se la questione debba essere rinviata davanti a una Corte. “La democrazia esige una leadership responsabile e onestà da parte delle persone che occupano incarichi pubblici”, aveva detto giovedì scorso l’avvocato Lewis Power davanti al tribunale di Westminster. “Il Regno Unito non ha mai inviato o dato 350 milioni di sterline a settimana”, ha sottolineato, aggiungendo che Johnson “sapeva che questa cifra era falsa ma ciononostante ha scelto di ripeterla”. Il legale sottolinea che “l’accusa non verte sulla Brexit“, difendendosi così da chi sostiene che intenda ostacolare il divorzio di Londra dall’Ue.
Boris Johnson, dal canto suo, respinge le accuse. Per il suo avvocato Adrian Darbishire, l’accusa è inappropriata e si tratta soprattutto di una manovra “politica”. Johnson, ha stabilito la corte, sarà tenuto a presenziare a un’udienza preliminare e il caso sarà quindi inviato al tribunale della Corona. Nell’ascoltare la scorsa settimana le ragioni dei querelanti, la giudice Margot Coleman non si è espressa nel merito e si è limitata a replicare che al momento “le accuse fatte non sono provate”, ma che ci sono elementi legali sufficienti per convocare Johnson davanti al tribunale per un’udienza preliminare e per un rinvio a giudizio. Secondo il difensore di Johnson, l’avvocato Adrian Darbishire, le accuse sono “un’acrobazia” e hanno motivazioni politiche.