Il presidente francese sa che il suo gruppo, con i 108 seggi conquistati, ha in mano l'interruttore della maggioranza. Senza di lui, le altre due grandi famiglie non avrebbero i numeri in Consiglio. E mette il veto su Weber. Così iniziano le contrattazioni per le poltrone più pesanti dell'Unione, con l'Italia che, da capo dei sovranisti, rimane in seconda fila
La spartizione del bottino di guerra dopo la sfida europea con i partiti sovranisti è iniziato. E come previsto, dato che il Partito Popolare Europeo e il Partito Socialista avranno bisogno dell’appoggio dei Liberali per ottenere la maggioranza sia in Parlamento che in Consiglio, il primo punto di scontro è la nomina del prossimo presidente della Commissione europea. Una battaglia, quella sulle nomine delle alte cariche a Bruxelles (dovranno essere nominati entro la fine dell’anno anche il presidente del Parlamento, quello del Consiglio Ue, l’Alto Rappresentante per la Politica Estera e il presidente della Banca Centrale) che nel summit tra i capi di Stato e di Governo di martedì sera ha visto contrapposti Angela Merkel, che guida la compagine Ppe, ed Emmanuel Macron, leader dell’accoppiata Alde-En Marche, con il premier spagnolo Pedro Sanchez, a capo dei Socialisti, che potrebbe fare da mediatore. “La situazione, al momento, è abbastanza bloccata – raccontano fonti vicine al Consiglio a Ilfattoquotidiano.it – Il Ppe rimane granitico su Weber, per il momento, mentre Macron aspira a un riformatore che porti aria nuova in Ue”.
Il presidente francese sa che il suo gruppo, con i 108 seggi conquistati, ha in mano l’interruttore della maggioranza. Senza di lui, le altre due grandi famiglie non avrebbero i numeri in Consiglio, dando per scontato un accordo con i Verdi in Parlamento tutt’altro che semplice. Per questo il capo dell’Eliseo ha già messo, o meglio ribadito, il suo veto nei confronti dello Spitzenkandidat, il candidato di punta dei Popolari, Manfred Weber. Troppo conservatore, troppo lontano dalle posizioni liberali per rappresentare anche i seguiaci macronisti a palazzo Berlaymont. Il Ppe, con la Cancelliera in testa, rimane compatto intorno al suo uomo, ma basta ricordare come avvenne l’elezione del bavarese all’assemblea del partito, a novembre, per capire che quella di Merkel & Co. non sarà una strenua difesa. I 101 delegati votarono ad ampia maggioranza, con l’appoggio unanime di tutti i rappresentanti del Consiglio Ue, la nomina di Weber che ebbe la meglio sul candidato di ala liberale, Alexander Stubb. Ma la situazione politica interna alla Germania, in quel momento, costringeva la Cancelliera a delle concessioni all’ala più conservatrice della Cdu, la Csu bavarese che ha in Weber uno dei suoi leader, e accettò quindi un candidato non proprio in linea con le sue posizioni federaliste.
Oggi la situazione è cambiata e anche Frau Merkel, dopo l’annuncio di Viktor Orbán dello stop all’appoggio per Weber, potrebbe farsi facilmente convincere in nome del bene dell’Unione. Anche perché il bavarese, a differenza di altri nomi circolati negli ultimi mesi, non ha esperienza politica in patria e non ha mai ricoperto cariche importanti a Bruxelles, problema già sollevato al momento della sua nomina. Una mancanza che potrebbe farlo slittare su una poltrona comunque pesante in Commissione, magari quella di commissario alla Concorrenza, secondo quanto apprende IlFatto.it.
E i nomi sul tavolo non mancano. Il sogno di Macron è la danese, Margrethe Vestager, commissaria uscente per la Concorrenza ed ex vicepremier della Danimarca. Quello della rappresentante del disciolto Alde è sicuramente una delle candidature più accreditate, a questo punto, sostenuta anche dal presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk, che ha dichiarato di desiderare due donne a guidare le principali cariche europee. La nomina di Vestager, però, segnerebbe una totale sudditanza del Ppe nei confronti dei Liberali, scatenando anche il disappunto dell’ala più conservatrice del partito. In seconda fila, al momento, la candidatura del Socialista Frans Timmermans, che con più probabilità riceverà il testimone di Antonio Tajani alla presidenza del Parlamento europeo: “Non è una candidatura ancora da escludere totalmente – spiegano le fonti – Come non va dato per uscente anche Tajani, che potrebbe rientrare in corsa nel caso in cui venga richiesta una figura di garanzia e continuità”. La grande suggestione uscita nelle ultime settimane è quella che vorrebbe la discesa in campo europea proprio di Angela Merkel, dopo l’addio alla presidenza della Cdu, ma questa non sembra essere più che una suggestione, visto che la Cancelliera ha manifestato l’intenzione di concludere il proprio mandato, in scadenza nel 2021.
Il nome che ha tenuto banco negli ultimi mesi e che continua ad essere il profilo che assomiglia più a un compromesso tra Ppe e Liberali è quello del capo negoziatore per la Brexit, Michel Barnier. Membro del Ppe, che quindi darebbe l’opportunità al gruppo di maggioranza di mantenere la più alta carica dell’Unione, ma esponente delle colombe del partito, più in linea anche con le posizioni di Angela Merkel, anche se non del nuovo presidente Cdu Annegret Kramp-Karrenbauer che è sempre ancorata su Weber, e inoltre francese, e quindi vicino agli interessi di Macron e di Parigi. Inoltre, Barnier è un uomo di Martin Selmayr, il Segretario generale della Commissione Ue, figura di spicco dell’ala federalista del Ppe tedesco, e ha potuto godere di una campagna elettorale non stop da quando è diventato capo del gruppo di negoziatori per l’uscita del Regno Unito dall’Ue.
Oltre che sulla figura del presidente della Commissione, lo scontro tra i più importanti Paesi dell’Ue si giocherà anche sulle altre poltrone, comprese quelle dei commissari più pesanti. Per il Parlamento, come detto, sembra in lizza Timmermans, mentre ai Liberali rimarrebbe il Consiglio Europeo, con il primo ministro olandese Mark Rutte tra i principali nomi circolati negli ultimi mesi. Ma ciò che interessa i tre gruppi di maggioranza è anche il commissario per gli Affari Economici, ruolo ricoperto oggi da Pierre Moscovici. E qui, il ruolo di guida Socialista della Spagna pesa: “Per quella poltrona – continuano i ben informati – sembra in lizza l’attuale ministro dell’Economia spagnolo, Nadia Calviño“, elemento di garanzia, visto che ha già ricoperto la carica di direttrice generale del bilancio della Commissione europea. La Germania potrebbe andare a sostituire Jyrki Katainen al Lavoro e l’Impresa.
Buia la situazione per l’Italia. Mentre non si hanno novità su chi potrebbe essere il sostituto di Dīmītrīs Avramopoulos alla Migrazione, sembra scontato che il risultato del voto, che ha posizionato Roma alla testa delle forze sovraniste, costerà al Paese un ruolo di secondo piano, se non di isolamento, con la Spagna che nelle gerarchie europee effettuerà il sorpasso. Si parla del commissario all’Agricoltura, con Repubblica che ha fatto i nomi di Guido Crosetto, Giulio Tremonti e Luca Zaia come possibili candidati. Ma si tratta di supposizioni, visto che ieri il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, è giunto a Bruxelles appena 10 minuti prima dell’inizio del vertice tra i capi di Stato e di Governo. Unico, insieme a Theresa May, a non tenere alcun incontro bilaterale con i colleghi.
Twitter: @GianniRosini