La cecità morale, per dirla con Zygmunt Bauman, è pericolosa quanto la responsabilità civile. Alla quale misi consenta di aggiungere la “sordità” di timpano e di coscienza di chi ha eseguito i lavori di ristrutturazione. Che partirono sotto lo strombazzamento mediatico di Salvo Nastasi che – come ha scritto Paolo Isotta, integerrimo critico musicale – nominò se stesso Commissario dal Teatro San Carlo dal 2007 al 2011.
Qualche giorno fa ho parlato al telefono con il maestro Roberto De Simone per un’ora. Lui aveva un groppo in gola, io lacrime di rabbia. 86 anni, vive senza cellulare, senza computer, senza televisione, solo con un pianoforte al quale ancora si siede per comporre. E’ la memoria storica del Teatro San Carlo. E’ entrato all’età di 9 anni come allievo del Conservatorio. Nel 2011 finiti i lavori di ristrutturazione toccò a lui inaugurare la stagione con l’Olimpiade di Pergolesi. Dopodiché giurò di non mettere più piede al San Carlo. L’acustica era stata danneggiata da sciacalli e incompetenti. Per De Simone e non solo per lui: “Il San Carlo aveva la migliore acustica al mondo. Anche del Teatro alla Scala”.
Ma prima di giungere a questa tragica conclusione De Simone – compositore, tra l’altro, della stranota La Gatta Cenerentola – chiamò per un parere due eccellenze musicali: Giuseppe Prencipe (enfant prodige che a 11 anni Mussolini mandò a esibirsi come gloria italica davanti a Hitler) e poi divenuto egregio primo violino, e Giacinto Caramia, illustre violoncellista. Si piazzarono in più punti del teatro. Nulla, il suono non aveva più rimandi. Risultava piatto.
Non capisco una mazza di acustica: mi spiega De Simone che è una scienza perfetta e che i Borboni si avvalsero di un geniale architetto neoclassico, Antonio Niccolini. Il quale piazzò nelle viscere del teatro dei “risuonatori” di terracotta (la terracotta è un ottimo conduttore del suono). Il palco reale, che era ricoperto di cartapesta per meglio far rimbalzare il suono, adesso è di marmo. Ma tanto lì ci sono sedute le autorità che non di certo non hanno l’orecchio fine del melomane.
Il maestro De Simone è un brav’uomo e la giustifica, maestro Muti. Mi creda, vorrei giustificarla anch’io: “Non avendo suonato tante volte al San Carlo, forse non ricorda l’acustica perfetta del prima dei lavori”. Sabato 25 maggio sul Fatto Quotidiano (cartaceo) Paolo Isotta scriveva: “Nastasi fece una cosa spaventosa: minò le basi del palcoscenico, ch’era una camera acustica; vi mise del cemento; e costruì un orrendo bar semisotterraneo affidato a una pasticceria napoletana. L’archivio del teatro, d’importanza incalcolabile, si è dovuto spostare: ora giace ammucchiato in un container nella periferia orientale della città, e non può nemmeno essere aperto. Anche allora, quando parve chiaro il progetto di distruzione, uomini di cultura non solo napoletani intervennero pubblicamente affinché venisse fermato. Chiesi al maestro Muti d’interporre la sua autorità. Per tutta risposta egli venne sul cantiere e si fece fotografare con l’elmetto giallo in testa a fianco di Nastasi, che ne fece delle gigantografie. Poi inaugurò egli stesso la sala e dichiarò in un’intervista al Mattino che l’acustica non era affatto cambiata. Al San Carlo torna adesso in compagnia della figlia, alla quale vengono affidare regie liriche da parte del teatro”.
Avete inaugurato la Stagione della Lirica al San Carlo, insieme Lei e sua figlia, alla regia di Così fan tutte, lo scorso novembre. Io c’ero, è stata applauditissima. Anche se era rimasto maluccio che la dirigenza del San Carlo non gli avesse addobbato il teatro con trionfo di fiori, come invece succede alla prima alla Scala. Maestro Muti, mi piacerebbe se Lei rispondesse al critico musicale e a noi tutti, orfani di un’acustica eccezionale che il nostro San Carlo vantava. Anche se è molto indaffarato nel tour promozionale del suo ultimo saggio, L’Infinito tra le note. Il mio viaggio nella musica, dove svela i suoi otto segreti. Tra questi, forse, sono celati gli elementi in suo possesso inoppugnabili (che neanche il maestro De Simone conosce) per asserire che l’acustica dopo i lavori di restauro sia ancora perfetta.
Lei si è diplomato al Conservatorio di San Pietro a Majella, a Napoli è molto amato e quando Isotta le chiese di dare la sua “benedizione” per riportare in teatro i meravigliosi colori azzurro e argento del regno borbonico che tali rimasero fino agli anni Cinquanta, quando si adottò il più volgare rosso e oro, neanche su questo volle prendere posizione. Invece il maestro Claudio Abbado (riposi in pace) sulla nuova acustica espresse tutte le sue perplessità. Ora, per riparare ai danni arrecati al tempio della lirica, occorrerebbe chiuderlo per anni e una somma di denaro incalcolabile.