Il leader però ha già annunciato che nominerà un comitato promotore composto da 40 persone, scelte tra giovani e amministratori azzurri. Un organismo poco più che organizzativo, senza alcun reale potere decisionale. Deluso chi sperava nella nomina di un direttorio o una sorta di segreteria politica collegiale
Basta con le risse sulle agenzie di stampa e niente direttorio o simili, ma la crisi più profonda di Forza Italia porta Silvio Berlusconi a una scelta storica per il partito che fondò 25 anni fa: un congresso da organizzare entro la fine dell’anno. Il leader è e resta lui, specie dopo il rinnovato bagno di voti alle Europee che lo porterà tra Bruxelles e Strasburgo. “Continuerò a guidare il movimento che ho fondato con l’energia e la passione di sempre”, mette in chiaro. Ma la cosa del congresso sembra una cosa seria. Ha già annunciato che nominerà un comitato promotore che sarà composto da 40 persone, scelte tra giovani e amministratori azzurri. Insomma, un organismo poco più che organizzativo, senza alcun reale potere decisionale. Deluso chi sperava nella nomina di un direttorio o una sorta di segreteria politica collegiale. Così, promette Forza Italia, la nuova classe dirigente azzurra verrà “legittimata anche dal basso, mediante forme di democrazia interna aperte al più franco confronto e alla più libera discussione”
Insomma, Berlusconi riprende in mano Forza Italia, come raramente era successo negli ultimi anni. Fino ad alzare il tono: nel Parlamentino al piano terra di Palazzo Grazioli ha strigliato i suoi parlando in piedi, allargando le braccia: “Basta, basta con le dichiarazioni: le persone che mi hanno accompagnato in campagna elettorale le ho scelte io. Ora costruiamo il nostro futuro. Mi raccomando: non voglio più vedere un’altra dichiarazione”. Viene descritto come “irritato e sconcertato” dal tutti contro tutti degli ultimi giorni. In un clima teso nessuno ha avuto il coraggio di replicare.
E Berlusconi ne ha avute anche per i sempre meno alleati Matteo Salvini e Giorgia Meloni. “Da Salvini ho sentito molte parole fuori luogo: è stato solo 17 giorni a lavorare e 240 a fare campagna elettorale. Gli ho detto che sbagliava a mettere la tuta della polizia, lanciava un brutto messaggio. Credo di aver fatto bene. Con lui possiamo essere più duri. A maggior ragione con la signora Meloni a cui possiamo cantarle chiare: io la misi al governo, altro che Fini che me ne segnalò venti…”. Non è mancata qualche autocritica: “Pensavo di poter raggiungere il 14 per cento. Ho sbagliato a non presentarmi anche al Centro ma era giusto lasciare spazio al nostro Antonio Tajani, che adesso corre per la presidenza del Parlamento Europeo“. Alle tv assicura di essere pronto ad andare al voto prima possibile. In realtà la soluzione migliore sarebbe avere più tempo per riorganizzarsi e trovarsi pronti per il voto nel 2020. Tuttavia, nel caso in cui si dovesse andare alle urne a luglio, il piano B del Cavaliere sarebbe puntare a un listone di centrodestra, sperando di convincere gli alleati che “senza Forza Italia non c’è maggioranza sicura”.
Ci sarebbero quindi le condizioni per realizzare “da subito” le politiche del centro-destra. Il comunicato di Palazzo Grazioli le elenca, una per una: flat-tax, Tav, riforma della giustizia, rimpatrio di 600mila migranti (che però per Salvini ministro sono diventati 90mila). Il messaggio a Salvini, mai citato, è in forma di sfida: bisogna “essere coerenti”. Anche per questo, per mostrare un centrodestra unito, alla residenza romana dell’ex premier arriva il neo governatore del Piemonte, Alberto Cirio. Non si fa vedere, invece, un altro presidente di Regione, Giovanni Toti, con il quale sono volate parole forti già martedì.
Prima della riunione vera e propria Berlusconi pranza con Antonio Tajani e Mara Carfagna, vicepresidente della Camera e voce delle istanze provenienti dal Sud. Ci sono anche le due responsabili dei gruppi parlamentari, Mariastella Gelmini (che ha lasciato il ruolo di coordinatrice lombarda) e Anna Maria Bernini. Il messaggio è chiaro: il gruppo dirigente è unito, lavorerà in maniera collegiale, ma il leader rimane sempre lo stesso. Giorgio Mulè, entrando a Palazzo Grazioli, lo dice con una battuta: l’ex Cav “non si fa schiacciare, è lui lo schiacciasassi”. Anzi, manda a dire a Lega e Fdi, Forza Italia rimane “la spina dorsale“.