“È la scelta giusta”. E poi “Rinuncio ai soldi? Sì, perché il mio rapporto col Milan non sarà mai una questione di soldi”. Parole di Gennaro Gattuso, che ha salutato il Milan dopo un anno e mezzo, andando via in pieno stile Gattuso: senza grossi acuti tattici o tecnici, ma a testa alta, da guerriero vero e soprattutto da uomo. Ha lasciato lì sul piatto cinque milioni di euro che gli sarebbero toccati da contratto, chiedendo, nell’era delle postille e delle clausole, solo una condizione alla società: pagare i suoi collaboratori che devono avere 5 milioni di euro, appunto. “È la scelta giusta” ha ricordato Rino: probabilmente non altrettanto giuste sono state le scelte dirigenziali messe in campo in questi anni. L’ha fatto capire Gattuso: il Milan ha fatto 68 punti, la quota punti più alta toccata negli ultimi cinque anni dai rossoneri, dopo un mercato dispendioso, l’ennesimo, e nonostante ciò non è entrato in Champions. Ne consegue che col mercato giovane e low cost prospettato dalla società, contrapposto al rafforzamento importante di concorrenti già più forti non si possa fare di più, e a Gattuso, che le vicissitudini rossonere le vive pure con più trasporto emotivo del normale (“Rischio di rimetterci le penne” ha dichiarato) un’altra stagione sulla graticola e senza appoggio societario proprio non andava.
A costo di rinunciare ai soldi. Eh già, i soldi, altro nodo cruciale nella storia recente del Milan: gli investimenti per riportare la squadra agli antichi livelli, o almeno a competere in chiave Champions, sia nell’ultimo anno di Berlusconi che nelle stagioni seguenti sono stati importanti, si parla di 500 milioni in tre stagioni, col secondo monte ingaggi d’Italia dietro la Juventus. È evidente però, che se in Champions ci va l’Atalanta, che nello stesso periodo ha speso quasi un sesto, 90 milioni (incassandone 140 però) ed ha un monte ingaggi che vale poco meno di un sesto dei rossoneri (25 milioni contro 140), quei soldi sono stati usati malissimo.
LA SOCIETA’ E LE PROSSIME MOSSE
Il futuro del Milan dunque: senza Gattuso e senza Leonardo, sicuramente. Ci sarà Maldini, forse, che però lancia segnali contrastanti dopo l’offerta dei vertici per conto del fondo Elliot: Paolo è rossonero, anzi, è il più rossonero di tutti, gli è stato chiesto di ricoprire un ruolo importante, di vertice, che sta valutando se accettare o meno. Le prospettive sono state chiarite dall’ad Gazidis: si punta sui giovani, e quindi su un allenatore che sia in grado di partire da loro e non da calciatori già affermati. Il sogno (impossibile) è Maurizio Sarri, antico pallino di Berlusconi, ma accantonato perché comunista mentre le alternative più accreditate sono Giampaolo, molto simile a Sarri per metodologia di gioco, Di Francesco, che a Roma ha già dimostrato di avere buon occhio per i giovani e ottime capacità di gestirli, o Simone Inzaghi che è un buon mix delle qualità dei primi due. Parrebbe a tutti gli effetti un ridimensionamento: allenatore aziendalista, under 23 da far crescere magari per generare plusvalenze, costi più sostenibili.
IL POPOLO ROSSONERO
I tifosi non sembrano gradire il progetto di Elliot, almeno la maggior parte sui social protesta, accusando di “esser diventati una provinciale” e che “così non vinceremo più”. Palesando quel che aveva detto anche Gattuso: “In molti pretendono che si vinca solo perché ci chiamiamo Milan”. La realtà è che ad oggi, e nella situazione in cui si trova il Milan, una sorta di “decrescita felice” applicata al calcio è forse la scelta più intelligente che si possa fare: gli investimenti importanti sul mercato fatti negli ultimi anni, invano, hanno dimostrato che la crescita non è solo una questione di soldi come non è una questione di big, basta vedere che Bonucci o Higuain non hanno garantito quel salto di qualità che ci si aspettava. Scelte sbagliate e dispendiose che hanno poi costretto a riparare in altro modo sul mercato, per limitare i danni. Per cui, in una fase interlocutoria, linea verde e bel gioco possono essere la miglior scelta: magari valorizzando anche il bistrattato patrimonio rossonero, da Caldara a Conti mai utilizzati per problemi fisici, a Kessie a Bakoyoko a Biglia, affiancandogli nuove leve ritenute all’altezza. È il modello che tanto bene è riuscito a Napoli, è il modello con cui l’Arsenal, con alterne fortune, riesce a competere in una Premier di superstar, è un modello che, in parte, adotta anche la Juve, affiancando i Rugani, i Bernardeschi, i Kean ai più esperti. E in attesa di sviluppi societari, che pur arriveranno prima o poi per i rossoneri, è forse l’unico tra i modelli possibili.