Il consiglio d'amministrazione del gruppo si riunisce il 4 giugno, e potrebbe già dare una risposta alla proposta di fusione fatta da Fca. Il ministro dell'economia Le Maire tuttavia pone quattro condizioni, la più stringente delle quali è la salvaguardia dell'occupazione negli stabilimenti transalpini. E l'Italia resta alla finestra
Potrebbe arrivare presto la risposta ufficiale di Renault alle avances del gruppo FCA: il consiglio d’amministrazione del gruppo francese si riunirà nella giornata di martedì per rispondere alla proposta di matrimonio dal gruppo italoamericano e preparare l’apertura di negoziati che definiranno l’assetto finale della fusione.
Il progetto “è una reale opportunità per Renault e per l’industria automobilistica francese”, ha affermato il ministro dell’Economia di Parigi, Bruno Le Maire, nella dichiarazione rilasciata in esclusiva all’agenzia France Presse: lo Stato francese, primo azionista di Renault con il 15% di capitale, “vigilerà allo stretto rispetto delle quattro condizioni” poste per la fusione con Fca, ovvero il “rispetto dell’alleanza Renault-Nissan, tutela dei posti di lavoro e degli stabilimenti industriali (francesi, ndr.), governance equilibrata e partecipazione del futuro gruppo al progetto europeo sulle batterie elettriche”. Quest’ultimo è stato promosso a più riprese dall’Europa e dal gruppo Volkswagen per rispondere all’avanzata dei costruttori asiatici a americani nel business degli accumulatori.
Tuttavia, il punto più importante per l’Eliseo rimane certamente quello occupazionale, come aveva chiarito anche il portavoce dell’esecutivo, Sibeth Ndiaye: “Il governo è favorevole ma è necessario che le condizioni della fusione siano propizie allo sviluppo economico della Renault e, naturalmente, ai dipendenti della Renault”. Nel frattempo, l’amministratore delegato di Nissan, Hiroto Saikawa, ha espresso il suo interesse a incontrare il presidente di Fca, John Elkann, per parlare della proposta fusione con Renault: Elkann aveva scritto una missiva a Saikawa per esporgli i benefici su larga scala di una collaborazione con l’ipotetico gruppo FCA-Renault. Siakawa, quindi, si è mostrato disponibile al meeting – che sarebbe il secondo sul tema, dopo quello avuto fra il manager giapponese e Jean-Dominique Senard, numero uno di Renault –, di cui vanno definiti data e luogo.
Intanto, dopo che il responsabile economico della Lega, Claudio Borghi, aveva paventato l’ingresso dello Stato in Fca per bilanciare il ruolo della Francia in Renault, il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha espresso un’opinione contraria a riguardo: “Non vedo il motivo di una partecipazione di Stato”. Un motivo, però, ci sarebbe eccome: le grandi fusioni fra colossi dell’automotive hanno quasi sempre comportato dei consistenti tagli alla forza lavoro nell’organico delle aziende che vanno all’altare. E la Francia, come chiarito a più riprese, non è disposta a cedere a un eventuale taglio dei dipendenti di Renault. Ciò potrebbe non essere altrettanto vero per FCA, che da molti anni promette il rientro alla piena occupazione nei suoi stabilimenti italiani senza che questo impegno sia rispettato.