Lo Stato francese, che con il 15% del capitale è il maggiore azionista del gruppo, avanza nuove richieste in vista del cda convocato martedì per rispondere alla proposta di fusione alla pari. Tra cui una maxi cedola. I soci di Fca, stando alle anticipazioni, la riceverebbero a loro volta per riequilibrare la distanza tra la capitalizzazione delle due aziende. Nissan intanto fa sapere che l'alleanza "richiederebbe una revisione fondamentale della relazione" con Renault
Parigi ha chiesto a Fca ulteriori garanzie nella fusione con Renault. Lo Stato francese, che con il 15,01% del capitale è azionista di controllo del gruppo, in vista del cda convocato martedì per rispondere alla proposta di matrimonio ricevuta il 27 maggio dal gruppo italoamericano ha alzato la posta. Per dire sì alla fusione 50-50 non si accontenta più della garanzia sui posti di lavoro, della tutela degli stabilimenti industriali francesi e di una “governance equilibrata“. Un portavoce del ministro delle Finanze Bruno Le Maire, che ha incontrato nel weekend a Parigi il presidente di Fca John Elkann, ha confermato a Bloomberg che il governo vuole la sede operativa della compagnia post fusione a Parigi, un dividendo straordinario per gli azionisti di Renault che detiene il 43% del partner dell’alleanza Nissan e un seggio per il governo francese nel cda. Le Maire pretende anche garanzie per Jean-Dominique Senard, che dovrà restare numero uno di Fca-Renault per almeno quattro anni.
Intanto Nissan, partner di Renault e suo secondo socio con il 15%, alza barricate: il numero uno Hiroto Saikawa ha fatto sapere che la fusione “se realizzata, altererebbe significativamente la struttura del nostro partner Renault. Ciò richiederebbe una revisione fondamentale della relazione esistente tra Nissan e Renault”. Di conseguenza, “dal punto di vista della protezione degli interessi di Nissan”, l’azienda giapponese “analizzerà e prenderà in considerazione i suoi rapporti contrattuali esistenti e il modo in cui dovremmo operare in futuro”.
Un portavoce del ministero francese, citato ancora da Bloomberg, ha confermato che Le Maire ha parlato con Elkann venerdì, prima che i due si incontrassero sabato, mentre il ministro avrebbe visto il presidente di Renault Senard domenica sera. Da Fca, che a Piazza Affari ha chiuso la seduta in rosso dello 0,56%, è arrivato un ‘no comment’. Per quanto riguarda la richiesta di dividendo straordinario, va ricordato che nei piani del gruppo guidato da Mike Manley la fusione – come rivelato da Les Echos – sarebbe stata preceduta da un maxi dividendo per i suoi azionisti. Un passo necessario per riequilibrare la distanza tra la capitalizzazione di Fca che è di circa 18 miliardi e quella di Renault che si ferma a 15. Ora però Parigi rivendica anche per sé una maxi cedola.
Il governo italiano, che è fuori dalla partita visto che lo Stato non è azionista di Fca, per bocca del vicepremier Luigi Di Maio si limita a far sapere che sta “monitorando l’operazione per conoscere il notevole valore aggiunto che dovrà portare all’Italia”. “Sono in contatto con i vertici di Fca”, scrive su fb il vicepremier M5s. “Stiamo seguendo come governo l’operazione che, vista la portata, vede il nostro Paese tra i suoi protagonisti. L’obiettivo dichiarato di questa operazione è una partnership tecnologica che permetta lo sviluppo di nuovi prodotti e la crescita del comparto automotive in Europa e in Italia. Lo Stato ha già supportato e supporta Fca in Italia e lo ha fatto attraverso entrambi i ministeri che ho l’onore di dirigere, sia nell’interesse dei lavoratori che dell’azienda. Lo ha fatto prima di tutto nel rispetto della tradizione di un marchio indissolubilmente legato all’Italia e alla sua storia e che ci auguriamo continui a essere rispettato, perché solo in quel caso staremmo parlando di un’operazione di crescita e sviluppo aziendale come da noi intesa”.
L’eventuale impatto della fusione sui posti di lavoro ha sollevato molte preoccupazioni nel sindacato francese della Cgt, mentre l’altro sindacato Cfdt ha promesso di “assicurarne la conservazione”. In termini di fusione, sono “i dipendenti che pagano il prezzo elevato” perché “sappiamo che quando parliamo di sinergie” e di “economie di scala” si arriva alla “soppressione dei duplicati” e a “tagli sul lavoro” e “questo riguarda sia i dipendenti della Renault sia quelli della Fiat”, ha ammonito in conferenza stampa Fabien Gache, delegato della Cgt della casa automobilistica francese. Al di là di Renault, “è ovvio che l’eliminazione dei duplicati avrà conseguenze sull’intera industria automobilistica francese”, i cui dipendenti “sono influenzati dalla strategia dei principali” gruppi, ha aggiunto, sottolineando che è “troppo presto per stimare il numero di posti di lavoro minacciati” da questo progetto. Dal 2005 alla fine del 2018, “le vendite della gamma storica di Renault sono diminuite del 13%”, afferma la Cgt. Il secondo sindacato del gruppo osserva inoltre che, nello stesso periodo, “più di 22.000 posti di lavoro” sono stati persi in Francia. Cfdt vuole dal canto suo una corporate governance che “integri le parti sociali”.