Gli affari della Acque Albule - società termale di proprietà al 60% dell'amministrazione comunale - sono un successo: già venduti 25 appartamenti su 68. Scavalcando leggi nazionali, delibere comunali e lo stesso statuto
La costruzione è finita, la vendita è già a buon punto. Le palazzine costruite a Tivoli dalla società termale alle porte di Roma, la Acque Albule, sono state effettivamente un successo. Un successo costruito scavalcando una legge nazionale sulle società partecipate da enti pubblici, una delibera comunale e lo stesso statuto dell’azienda, che al 60 per cento appartiene al Comune di Tivoli e per il restante 40 è del gruppo che fa capo al costruttore Bartolomeo Terranova. Nel 2006 l’amministrazione aveva conferito gratis alla società termale il terreno “allo scopo – come ricordava l’atto – di potenziare l’offerta di ricettività turistico-termale”. Invece di migliorare l’accoglienza dei turisti e dei clienti delle terme, la Acque Albule ha da poco terminato la costruzione di due palazzine destinate ad uso residenziale privato: 68 appartamenti, di cui 25 già venduti. Affare fatto. In barba non solo allo stesso statuto stesso della società, che non consente di svolgere attività edilizia con finalità private, e a una legge del 2007, che dispone che le società partecipate da enti pubblici non possono esercitare attività che non siano strettamente funzionali agli scopi istituzionali degli enti. La vendita di case non rientra negli scopi istituzionali del Comune. Come se non bastasse anche un consulente legale del sindaco nel 2012 e un dirigente comunale del settore urbanistico l’anno prima avevano ribadito che la Acque Albule non poteva occuparsi di costruire e vendere appartamenti a privati.
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Ma per il sindaco Giuseppe Proietti – archeologo, ora al ballottaggio contro la Lega – “al di sopra di tutto c’è il piano regolatore del 1973 che prevede che quell’area sia a destinazione residenziale abitativa”. Viceversa, aggiunge, “la delibera del consiglio comunale che conferiva il terreno, dove sono stati costruiti i due lotti, vincolava la cessione al potenziamento dell’offerta turistico-termale ma è una semplice dichiarazione d’intenti: nello stesso anno il Comune ha approvato anche il piano di lottizzazione ad uso residenziale nell’area in questione con un atto amministrativo”. A quanto pare contraddicendo la delibera precedente. “Anche se il piano regolatore prevede che su quei terreni si possano costruire residenze abitative resta il fatto che la legge prevale su qualsiasi regolamento”, ribatte Luigi Sabucci, avvocato in pensione che da circa otto anni denuncia questa vicenda, querelato più volte da Terranova e finora sempre prosciolto.
La Acque Albule Spa, società privatizzata nel 2001 sulla base di bilanci poco chiari (la vicenda giudiziaria non è ancora conclusa), non si è fermata neanche davanti a due sentenze di due diversi tribunali civili (di Roma e di Tivoli), passate in giudicato, che confermano che il terreno dove sono stati edificati gli appartamenti è vincolato ad una utilizzazione turistico-termale, dichiarando illegittima l’attività della Acque Albule. Entrambe le sentenze si basano anche sulla delibera del 2006 che sottolineava il vincolo turistico-termale, la stessa che il sindaco dice essere una “dichiarazione d’intenti”. “Si vede che i giudici non hanno letto bene le carte”, chiosa Proietti. Una delle due sentenze riguarda un ex componente del Cda della partecipata, rimosso dall’incarico proprio perché si era opposto alla vendita degli appartamenti. L’altra riguarda una richiesta di risarcimento, ottenuto da un acquirente, che ha ricevuto dalla Acque Albule i 25mila euro di anticipo versati per acquistare un appartamento.
Eppure negli anni il Comune di Tivolirazione municipale, azionista di maggioranza della società, negli anni, ha avuto sindaci di vario colore politico che hanno fatto poco o nulla per scongiurare l’operazione urbanistica. Lo stesso Proietti tra l’altro aveva diffidato nel 2014 la Acque Albule a proseguire la lottizzazione, richiamando anche la delibera del 2006 che vietava la costruzione di appartamenti a scopo di lucro ma di fatto l’edificazione e la vendita degli stessi è andata avanti. Poi, evidentemente, ha cambiato idea. “Nella diffida ho citato quella delibera perché al tempo ancora non conoscevo bene le carte”, spiega oggi. “Sul secondo lotto – aggiunge – l’autorizzazione a costruire appartamenti ad uso residenziale è stata data dal commissario ad acta preposto per applicare un provvedimento del Tar, a seguito del ricorso di Terranova per il diniego, da parte del dirigente comunale del settore urbanistico, a costruire appartamenti. Non so poi se la sentenza sia stata impugnata dal Comune al Consiglio di Stato”.