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Europee 2019, ecco quali sono per me le vere cause dei voti perduti dal M5S

I risultati delle Elezioni europee sono andati più o meno come previsto dai sondaggi: sulle percentuali si è visto un grande calo del M5S, una grande crescita della Lega, una moderata crescita del Pd. Certamente l’astensionismo ha punito il M5S più degli altri partiti: molti ex elettori delusi avranno preferito non votare piuttosto che confermare il voto di marzo 2018. Sono stati perduti circa 5 milioni e mezzo di voti, la differenza tra i circa 10 milioni del marzo 2018 e i 4 milioni e mezzo di maggio 2019. Alcuni analisti hanno indicato i difetti di comunicazione come la causa principale dell’insuccesso; ma mio parere la comunicazione non c’entra ed è abbastanza evidente quali siano le vere cause dei voti perduti dal M5S, al punto da poterle rintracciare, se non una per una, almeno per grandi linee o per gruppi di elettori. Vediamone alcune.

Il M5S ha attirato molti elettori contrari agli obblighi vaccinali: alcuni tra i suoi esponenti di spicco sono free-Vax dichiarati. L’onorevole Sara Cunial ha anche organizzato un convegno in tal senso alla Camera dal quale però la ministra Giulia Grillo e il M5S si sono dissociati. Gli elettori free-Vax si aspettavano l’abrogazione della legge Lorenzin o almeno la riduzione dei vaccini obbligatori; ma la ministra Grillo, medico, non se la è sentita di agire in questo senso, mettendo a rischio la salute pubblica. Gli elettori free-Vax si sono sentiti traditi e hanno organizzato la protesta #duemilionidivotiinmento. Di certo non si parla di due milioni di voti, ma poiché una petizione free-Vax ha raccolto 400mila firme è ragionevole ipotizzare che il M5S possa aver perso altrettanti voti per questa sola ragione.

Agli elettori della Puglia il M5S aveva promesso la chiusura dell’Ilva e il blocco del Tap, due promesse disattese tra le proteste popolari. Alle Elezioni politiche del 2018 il M5S aveva ottenuto in Puglia percentuali superiori al 40%; alle Europee ha ottenuto circa il 25%, con una affluenza minore. Solo in Puglia si tratta di una differenza in meno di oltre 300mila voti; e si deve considerare che elettori di altre regioni potrebbero essersi sentiti solidali: i no-Tav, ad esempio, temono per la loro causa, in precedenza patrocinata dal M5S.

I pensionati in Italia sono circa 16 milioni. Se il loro voto si è distribuito come la media nazionale possiamo stimare che abbiano votato per il M5S il 33% del 70% di loro nel 2018 e il 17% del 55% di loro nel 2019. Il calo per questa categoria ammonterebbe quindi a 2,2 milioni di voti. Ovviamente andrebbero scorporati dal numero i pensionati pugliesi, essendo stata già analizzato il calo di voti in Puglia e attribuito ad altre ragioni, nonché i pensionati free-Vax; anche così, comunque si rimane ben oltre il milione e mezzo. Il governo in carica ha penalizzato le pensioni superiori a 2mila euro mensili. Questo non è solo un motivo di risentimento per chi ha visto ledere un diritto acquisito con grandi costi economici; è anche un motivo di preoccupazione per chi, pur non avendo subito danni, si è preoccupato del possibile inasprimento futuro: se oggi non si adeguano le pensioni sopra i 2mila euro, saranno forse a rischio tra un anno quelle sopra i 1.500?

Il reddito di cittadinanza è stato un fiore all’occhiello della propaganda M5S. Non è facile stimare quanti voti sono stati persi dal M5S sul RdC perché sono incerte le cifre sui potenziali e sugli effettivi beneficiari. Se si prendono per buoni i dati che il Corriere attribuisce a Luigi Di Maio, i potenziali beneficiari sarebbero circa 1.250.000 famiglie, i richiedenti 800mila (68%), gli assegnatari effettivi circa 500mila. Molti assegnatari hanno ricevuto cifre inferiori alle attese. Certamente almeno i 300mila esclusi saranno delusi, e se avevano votato M5S nel 2018 forse non lo avranno rivotato nel 2019. Gli assegnatari saranno contenti ma se avevano già votato M5S avranno confermato il loro voto precedente e questo non compensa le perdite.

Ci sono poi i voti perduti non quantificabili. Il M5S ha fatto un’implacabile campagna contro la casta dei politici. Uno dei privilegi additati come più odiosi era la possibilità di sottrarre i membri della casta alle inchieste della magistratura, negando l’autorizzazione a procedere. Ingenua propaganda perché l’autorizzazione a procedere è una garanzia costituzionale a tutela dell’equilibrio tra i poteri; ma la propaganda è propaganda e porta voti. Arrivati al Parlamento e al governo i 5S sono diventati casta e hanno salvato Salvini dall’inchiesta della magistratura sull’affare della nave Diciotti. Quanti voti è costato questo voltafaccia puerilmente giustificato come un “caso particolare”? Certamente non pochi.

Si aggiunga che su questo episodio si è consumata l’espulsione di Gregorio De Falco, e il deferimento ai probi viri di Paola Nugnes e Elena Fattori. Ogni parlamentare ha elettori e simpatizzanti; espellerlo fa perdere voti. L’alleanza con la Lega è un altro buco nero di voti: quanta gente avrà creduto di aver votato un partito progressista e sarà rimasta delusa di ritrovarsi al governo con un partito reazionario?

In breve, se la gente vota un partito che dall’opposizione promette o fa credere cose (freeVax, noTap, noIlva), che poi si rivelano irrealizzabili; oppure vantaggi che poi si rivelano essere svantaggi, per cui diventa d’oro una pensione di 2000 euro; oppure lotta contro la casta per poi diventare casta: in tutti questi casi la delusione è certa. Ci sono rimedi? Il problema non sta in ciò che è successo nell’ultimo anno ma in ciò che è stato detto nei dieci anni precedenti. Il 33% del 2018 era stato ottenuto così e il calo era prevedibile.