Ricomincio da tre, anzi da quattro. No, da cinque. A venticinque anni dalla morte di Massimo Troisi vogliamo ricordare l’artista napoletano attraverso cinque frammenti tra cinema e tv, cinque pezzi apparentemente facili, cinque momenti d’arte comica dove il suo irresistibile intarsio verbale si amalgama ad un’incredibile mimica di viso e corpo fino a renderlo maschera universale.
SCUSATE IL RITARDO (1986) – Lui e lei sul letto. Le coperte a metà busto. Plaid, spalliera, comodino e canottiere anni settanta. La fidanzata (Giuliana De Sio) gli accarezza una spalla. “Mi piace fare l’amore con te”. E lui un po’ a mezza bocca, un po’ scocciato, quasi addormentato: “Anche a me”. Lei quasi si indispettisce: “Perché non me lo dici mai?”. Lui: “Se lo faccio vuol dire che mi piace. Hai mai visto che mi sono dato una martellata su una mano? Non lo faccio perché non mi piace. Queste cose vanno da sé. Se uno capisce capisce”. Poi ecco l’illuminazione, il genio. Il braccio di Troisi si allunga verso il comò e con la mano accende la radiolina. Tutto il calcio minuto per minuto. La De Sio ricomincia a cianciare sulla differenza di carattere tra loro due e quasi ci si dimentica della radio in sottofondo. Ma all’improvviso lo scarto, il guizzo. Enrico Ameri annuncia il vantaggio del Cesena sul campo del Napoli. Troisi misuratissimo alza un po’ la schiena. Gesticola. “A Napoli?”. La De Sio si gira dall’altra parte. “Abbiamo speso tutti quei soldi per fare la squadra”. La scena continua, scende di tono, l’apice è stato raggiunto con semplicità, garbo e puntualità nei tempi e nelle pause. La gag verrebbe compresa anche in Papuasia.