MORTO TROISI, VIVA TROISI (1982) - 2/5
Oltre la devastante gag dei Monty Python con l’urna delle ceneri di Graham Chapman che cade “accidentalmente” sul tappeto. Oltre ogni riguardo rispetto al macabro e all’autoironia. Troisi dopo la Smorfia e il primo film da regista scrive e gira un mediometraggio che fa schiantare dalle risate. Distesa tra due grossi e imponenti ceri la salma di Massimo immobile. Attorno a lui “deceduto” passano le figure più disparate del mondo dello spettacolo a rendergli silenzioso omaggio. Nadia Cassini, Lory Del Santo, Giampiero Galeazzi, Jocelyn, il composto giornalista del Tg2 Mario Pastore. Nessuno dice nulla, ogni tanto uno spezzone con Troisi che ritira premi o viene intervistato. Benigni dietro uno specchio opaco finge di essere un napoletano che ha rifiutato le profferte sessuali di Troisi e intanto ne infama la memoria. Non basta che ci sia un Benigni così genuino, spontaneo, politicamente scorretto, insomma un Benigni che ancora faceva ridere. Troisi sfiora le vette universali di non-sense che, appunto, stazionano a livello dei Monty Python. In barba a chi descrivendo la sua comicità ha parlato di provincialismo o di uso incomprensibile del dialetto. Di fianco alla sua salma, in silenzio, sfilano prima Pippo, si proprio il personaggio della Disney con tutona e bretelle, e infine Lassie. Lassie si accuccia sulle zampe posteriori e osserva diligente Troisi disteso. Non sappiamo quale meccanismo magico scatti, ma ogni volta che anche solo pensiamo a questi due momenti con l’entrata in scena delle due star animali ci sbellichiamo. Troisi export.