RICOMINCIO DA TRE (1981) - 5/5
Il film, opera prima, praticamente deve ancora partire. Siamo attorno ai dieci minuti. Il bagno di casa è occupato. Troisi in pigiama si lamenta del fratello chiuso dentro. Scambia due parole con la madre. Poi all’improvviso tre quattro note di violoncello. Troisi si siede e comincia ad osservare qualcosa lì vicino. Scavalcamento di campo: un vaso vuoto su un piedistallo. Leggera carrellata in avanti verso di lui. Ancora scavalcamento e siamo alla ripresa del vaso più da vicino. Di nuovo mezzo busto del protagonista, occhi stretti e concentrati, le mani a coppa sotto al mento e poi aperte ad intermittenza come ad attirare il vaso a sé. “Vieni, vieni, vieni”, dice sottovoce. La sorella gli si avvicina. Battibecco sul perché e sul come Troisi vuol far muovere il vaso senza toccarlo. Lei: “Pensavo si chiamasse solo col pensiero”. E lui: “Io invece lo chiamo anche con le parole. Capace che se sente chiamà se convince di più”. È un momento di poesia purissima. Tutta le dolcezza della comicità di Troisi si coccola in questi pochi secondi.