Le accuse sono concorso esterno in associazione mafiosa e concorso in estorsione con l’aggravante del metodo e delle finalità mafiose. Le indagini hanno rivelato anche attività di estorsione nei confronti delle imprese impegnate nei lavori pubblici
“Vedi che a me ci vogliono la parte di quattro cinquecento euro… per i pregiudicati e per i politici”. Così gli uomini collusi coi clan di Torre del Greco misero le mani sull’appalto dei lavori per la realizzazione del nuovo comando di Polizia Municipale a Torre del Greco (Napoli). La tangente da spartire venne discussa nell’auto di un ex consigliere comunale, pochi giorni dopo l’aggiudicazione dell’appalto. “E’ normale, Ciro, io lo so bene”, gli rispose il politico. Ciro è Ciro Vaccaro, 54 anni, personaggio chiave di un ‘sistema’ svelato dalle indagini del nucleo investigativo dei carabinieri di Torre Annunziata e del pm della Dda di Napoli Mariella Di Mauro, culminate stamattina in sette arresti per concorso esterno in associazione camorristica e concorso in estorsione aggravata. A Vaccaro, finito in carcere, la procura ha sequestrato beni mobili e immobili per tre milioni di euro. Era lui il collante tra le imprese aggiudicatarie di lavori pubblici e la camorra dei clan Di Gioia e Falanga che a turno si sono sedute al tavolo degli appalti e dei favori. Nel mirino sono finiti anche le gare dell’igiene urbana, vinte nel 2012 dalla Ego Eco srl di Minturno, con un ribasso dell’8,22% sul prezzo base d’asta, e per un importo di oltre 28 milioni di euro. Tra i dipendenti “occulti” della Ego Eco i carabinieri hanno individuato l’ex consigliere comunale di Torre del Greco, Salvatore Antifono. Non risulta indagato, ma Antifono fu coinvolto (e arrestato) nelle indagini sugli appalti pilotati per l’affido dei servizi di igiene urbana a Ischia e nel napoletano, culminate nel 2016 con la richiesta di arresto del senatore di Forza Italia Domenico De Siano, attuale coordinatore regionale campano dei berlusconiani. Antifono era collegato a Vittorio Ciummo, l’imprenditore di Ego Eco beneficiario di alcuni contratti pubblici nel settore, e proprio attraverso le intercettazioni di quel fascicolo si è arrivati all’appalto di Torre del Greco.
Nelle 86 pagine dell’ordinanza firmata dal Gip Giovanna Cervo ed emessa circa un anno e mezzo dopo la richiesta della procura, si racconta una “profonda commistione affaristica tra camorra, imprenditoria e politica anche nel Comune di Torre del Greco” nella quale Vaccaro aveva assunto un ruolo di primo piano. “Soggetto dotato di particolare furbizia e scaltrezza – scrive il giudice – che ha prestato una vera e propria sistematica opera di intermediazione posta in essere tra l’impresa aggiudicatrice dell’appalto indetto dal comune ed i vari clan presenti sul territorio”. Grazie a Vaccaro la camorra riusciva “ad ottenere il pagamento dell’estorsione senza necessità di esposizione da parte dei suoi appartenenti in quanto della richiesta e della riscossione della somma se ne occupava Vaccaro, che, di norma, era amico dell’imprenditore vessato”.
Insomma, era il ‘sistema Vaccaro’, dal nome del titolare dell’impresa che curava il servizio di riassetto e pulizia degli uffici comunale di Torre del Greco. Incarico che gli ha consentito di avere libero accesso agli uffici dell’ente “interagendo con politici, dirigenti, personale amministrativo, addetti alla vigilanza e finanche imprenditori e semplici cittadini”. Un uomo “dalla inquietante personalità” che, si legge nel provvedimento, metteva liberamente le mani dentro le carte degli appalti e dei procedimenti amministrativi. E così acquisiva informazioni riservate utili alle sue relazioni con il clan e con gli imprenditori interessati alle gare. Una gestione ad personam delle gare pubbliche che privilegiava imprenditori disposti ad accollarsi una quota estorsiva pur di aggiudicarsi un appalto o evitare guai al cantiere. “Un pensiero per tutti quanti”: così, testualmente, riferiva Vaccaro senza sapere di essere intercettato. E tutti erano contenti.