La nuova giunta di centrodestra della Basilicata non intende uscire dall’era del petrolio ma, al tempo stesso, tradisce la linea Salvini su una nuova richiesta per l’estrazione di idrocarburi. Ad aprile scorso, infatti, la società petrolifera inglese Rockhopper aveva fatto ricorso davanti al Tar del Lazio contro la decisione del vicepremier Luigi di Maio, in quanto ministro dello Sviluppo economico, di respingere la richiesta di permesso di ricerca Masseria La Rocca, nel comune di Brindisi di Montagna, vicino Potenza. L’assessore regionale all’Ambiente Gianni Rosa (Fratelli d’Italia) ha annunciato che la nuova giunta si costituirà in giudizio per sostenere le ragioni del no al permesso di ricerca. Una bocciatura al progetto che non rappresenta, però, una vera ‘exit strategy’ dal petrolio. Tant’è che, nei giorni scorsi, proprio l’assessore Rosa ha polemizzato con il M5S, definendo “strumentali e faziose” le critiche dei consiglieri del movimento alla relazione programmatica del governatore Vito Bardi.

LA REGIONE BASILICATA PRENDE POSIZIONE – La Regione Basilicata si costituirà così “ad adiuvandum del governo nazionale” nel giudizio promosso dalla Rockhopper. “Nei giorni scorsi – spiega l’esponente dell’esecutivo lucano – ho dato disposizioni ai miei Uffici finalizzate all’autorizzazione alla costituzione in giudizio per sostenere le ragioni del no al permesso di ricerca denominato Masseria La Rocca”. L’intervento della Regione Basilicata nel giudizio non era indispensabile. “Si tratta, infatti, del ricorso contro un decreto ministeriale e per tale motivo – sottolinea Rosa – la Regione risulta essere solo controinteressata. Tuttavia, abbiamo ritenuto la costituzione in giudizio un segnale importante, per dire l’ennesimo no all’aumento dei pozzi petroliferi nella nostra terra”.

CONTRO L’EOLICO SELVAGGIO – La Regione Basilicata, invece, non si costituirà nel giudizio che lo Stato ha intrapreso innanzi la Corte Costituzionale, contro la norma regionale che lo scorso Consiglio ha approvato in regime di prorogatio e che raddoppia i limiti massimi per la produzione di energia da fonte rinnovabile stabiliti dal vigente Piano di indirizzo energetico ambientale (Piear). “È un atto concreto – aggiunge l’assessore – per affermare la contrarietà del nostro governo regionale all’eolico selvaggio. La volontà del governo Bardi è quella di preservare il territorio e di tutelare l’ambiente con atti concreti, seppure nei limiti delle competenze assegnate alle Regioni dalla Costituzione”.

LONTANI DALL’USCITA DAL PETROLIO – Nonostante i no al permesso di ricerca di Masseria La Rocca e all’eolico selvaggio, la nuova giunta di centro-destra della Regione Basilicata non intende abbandonare la strada del petrolio. Tant’è che proprio l’assessore Rosa ha di recente polemizzato con i pentastellati. “Ribadiamo che il petrolio rappresenta comunque una risorsa su cui puntare – ha detto – che siamo contrari a nuove estrazioni e che cercheremo, in ogni sede, di far ottenere alla Basilicata il maggior profitto in termini non solo economici ma anche occupazionali e di benessere, con il minor danno, ambientale e di salute”. Rosa ha anche sottolineato che la competenza sulle estrazioni è in capo allo Stato e “Di Maio a Potenza, in campagna elettorale, non ha mai parlato di chiudere i pozzi di petrolio”. D’altro canto, in Basilicata c’è da fare i conti con le proposte avanzate da Eni e dall’amministratore delegato Claudio Descalzi, nel corso della recente assemblea annuale degli azionisti.

LEGAMBIENTE: “QUELLO DI ENI È UN PIANO INSUFFICIENTE” – Un programma di investimenti, quello legato al progetto ‘Energy Valley’, giudicato dal presidente di Legambiente Basilicata Antonio Lanorte, “insufficiente rispetto ai bisogni attuali e futuri di quel territorio sia dal punto di vista delle ricadute occupazionali che, soprattutto, della qualità ed efficacia complessiva delle azioni messe in campo”.  “Se è questo il piano industriale di Eni per andare oltre il petrolio in Val d’Agri, non ci siamo proprio” ha aggiunto. Per Lanorte non si tratta neppure “di disquisire se si tratti o meno di una compensazione per i danni ambientali accertati che la compagnia petrolifera ha arrecato al territorio, quanto di valutare nel merito le proposte fatte che sono di fatto quasi tutte funzionali all’attività del Centro oli di Viggiano”.

LA RICHIESTE DI VERIFICHE SU ENI – Ed è partita proprio in questi giorni la richiesta del direttivo dell’Associazione Antinucleare ScanZiamo le Scorie diretta al ministro dell’Ambiente Sergio Costa affinché si verifichi il rispetto delle prescrizioni Via sulle attività petrolifere in Val d’Agri tenute dall’Eni. “Oltre alla fuoriuscita delle 400 tonnellate di petrolio dal Cova – spiega l’associazione – la magistratura ha accertato lo smaltimento irregolare di ben 854101 tonnellate di sostanze pericolose con inevitabili danni alla salute e all’ambiente del territorio che non devono essere assolutamente minimizzati. Siamo molto preoccupati perché in particolare si sta danneggiando anche la purezza della più importante e preziosa risorsa naturale della Regione, la nostra acqua.

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