Nel novembre 2018, quando Bruxelles arrivò alle stesse conclusioni sulla base della prima versione della manovra, nel mirino c'era il debito del 2017. Eredità dell'esecutivo precedente. Ora invece ad essere censurati sono gli effetti delle decisioni del governo gialloverde, in particolare la retromarcia sulle pensioni con quota 100. L'ultima parola spetta all'Ecofin, che potrebbe esprimersi il 9 luglio. Conte preannuncia la volontà di aprire una trattativa
La regola del debito “non è stata rispettata” nel 2018 e nel 2019 e non lo sarà nel 2020. Ed è quindi “giustificata” una procedura per deficit eccessivo per violazione di quella regola, in base alla quale il rapporto debito/pil deve rimanere sotto il 60% e, se superiore, deve almeno essere diminuito con un ritmo adeguato. Lo scrive la Commissione Ue nell’atteso rapporto sul debito italiano approvato mercoledì insieme alle raccomandazioni Paese, proponendo al Consiglio l’avvio dell’iter. C’è una significativa differenza rispetto al novembre dello scorso anno, quando Bruxelles prese la stessa posizione sui conti italiani sulla base della prima versione della legge di Bilancio: stavolta nel mirino non c’è il debito del 2017, eredità dell’esecutivo precedente, ma quello del 2018. frutto delle decisioni del governo gialloverde. Dalla retromarcia sulle pensioni alle privatizzazioni inferiori alle promesse. Così lo scorso anno, invece di scendere, il debito/pil è salito dal 131,4 al 132,2% del pil e per quest’anno Bruxelles lo prevede al 133,7%. “Io sono sempre determinato e ottimista, farò ogni sforzo per scongiurare una procedura di infrazione che ovviamente non fa bene al paese”, ha commentato da Hanoi il premier Giuseppe Conte, anticipando l’intenzione di avviare una trattativa. “La mia porta resta aperta”, ha dichiarato il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici.
“Retromarcia sulle pensioni indebolisce la sostenibilità” – Il rapporto redatto sulla base dell’articolo 126.3 è molto chiaro nell’attribuire al governo in carica la responsabilità della “deviazione” e sottolinea che “il peggioramento dello sforzo strutturale che risulta dalle previsioni di primavera del 2019 rispetto a quelle del 2018 è stato in larga parte dovuto a una spesa per interessi più alta del previsto, conseguenza dell’aumento degli spread registrato da quando il nuovo governo si è insediato nel maggio 2018”. Inoltre il rallentamento economico a cui si era appellato il ministro dell’Economia Giovanni Tria nella sua lettera di risposta alla richiesta di chiarimenti “spiega solo in parte l’ampio gap” nel rispetto della regola. Il debito è atteso in notevole crescita per effetto sia della debole crescita sia del deterioramento del surplus primario e dei ricavi da privatizzazioni inferiori al previsto. E “le recenti misure messe in atto fanno marcia indietro su parti di riforme attuate in precedenza, anche in relazione al sistema pensionistico“, chiaro riferimento a quota 100, indebolendo “la sostenibilità a lungo termine” delle finanze, danneggiata anche dall’”aumento dei tassi d’interesse dei titoli di Stato osservato nel 2018 e 2019″. Quota 100 e lo stop all’indicizzazione dell’eta di pensionamento all’aspettativa di vita in particolare causeranno costi crescenti negli anni successivi al 2020. E “allargare la possibilità di ritiro anticipato può impattare negativamente sull’offerta di lavoro, in un contesto in cui l’Italia già è sotto la media Ue per partecipazione dei lavoratori più anziani, riducendo in questo modo la crescita potenziale”.
Per quanto riguarda la prospettiva di entrate maggiori del previsto e minori spese grazie ai “risparmi” su reddito di cittadinanza e quota 100 – altro aspetto citato da Tria – “questi fattori appaiono plausibili ma potranno essere confermati solo più avanti, quando ci saranno maggiori dati”. Il fatto che il deficit sia previsto al 3,5% del pil nel 2020 rappresenta un “fattore aggravante” perché l’entità della deviazione va aumentando invece che ridursi.
Moscovici: “Deficit strutturale salito di 0,1 punti e debito aumentato” – In Italia “abbiamo visto il danno che producono le recenti scelte di politica economica”, in particolare per quanto riguarda la “spesa per interessi”, dato che il Paese oggi “paga per il servizio del debito” una cifra che è pari a quella che serve a finanziare il sistema scolastico ed educativo, ha rimarcato il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis in conferenza stampa. Il commissario agli Affari economici Moscovici dal canto suo ha detto che le cifre per il 2018 “sono problematiche su due fronti: invece di ridursi, il debito pubblico italiano, che rappresenta un onere maggiore per l’economia, è aumentato ulteriormente dal 131% al 132% del Pil. E il deficit strutturale, che dovrebbe essere diminuito dello 0,3% secondo la raccomandazione del Consiglio, si è invece ampliato dello 0,1%, il che significa che c’è stata una differenza di 0,4 punti percentuali”, pari a circa 7 miliardi, “rispetto alla conformità“. E anche per il 2019 “sfortunatamente prevediamo un leggero peggioramento del deficit strutturale, mentre il Consiglio aveva raccomandato una riduzione dello 0,6% – e le autorità italiane avevano assunto un impegno lo scorso dicembre per evitare qualsiasi deterioramento“, ha spiegato Moscovici. Per il 2020 poi “prevediamo un forte aumento del disavanzo sia in termini strutturali che nominali, al 3,5% del Pil, ben al di sopra della soglia prevista dal trattato”. “Non mi pento di niente. La situazione di oggi è diversa da quella dell’autunno scorso. In quelle circostanze è stata presa la giusta decisione. La situazione di oggi è diversa”, ha chiarito poi il francese.
“Se i numeri verranno confermati, non potremo sottrarci alla procedura d’infrazione“, aveva anticipato in mattinata il Commissario europeo al Bilancio, Günther Oettinger, parlando all’emittente televisiva tedesca N-tv. Per il politico tedesco, in questo momento “si tratta di convincere gli italiani a definire un bilancio di cui possano assumersi la responsabilità senza mettere gli altri paesi europei nella posizione di rischio“. Comunque, “l’Italia non dovrebbe essere un rischio per l’eurozona”.
Decisione finale all’Ecofin del 9 luglio – La raccomandazione dei commissari in ogni caso è solo il primo passo. Perché l’analisi dell’esecutivo europeo passerà al vaglio del Comitato economico e finanziario, in cui siedono i direttori generali del Tesoro e delle Banche centrali nazionali. Il Comitato emetterà un’opinione entro quindici giorni e la Commissione Ue ne terrà conto per presentare una proposta di avvio della procedura contro l’Italia sul debito sul tavolo dei ministri delle finanze europei (Ecofin) alla prima riunione utile, quella del 9 luglio. Saranno i ministri a decidere a maggioranza qualificata se far partire o meno la procedura, approvando anche le raccomandazioni che la Commissione ha presentato contestualmente sulle correzioni – con scadenze precise – dei conti pubblici italiani.