La Procura generale, infatti, non ha presentato ricorso in Cassazione su questa imputazione caduta in primo grado e in appello, mentre nello stesso processo a Milano l’ex 're dei paparazzi' è stato condannato in secondo grado a 6 mesi (1 anno in primo grado) ma solo per un illecito fiscale su una cartella esattoriale
È definitiva l’assoluzione di Fabrizio Corona dall’accusa di intestazione fittizia di beni per la nota vicenda dei circa 2,6 milioni di euro trovati in parte in un controsoffitto e in parte in Austria, che lo aveva riportato in carcere nell’ottobre del 2016. La Procura generale, infatti, non ha presentato ricorso in Cassazione su questa imputazione caduta in primo grado e in appello, mentre nello stesso processo a Milano l’ex ‘re dei paparazzi’ è stato condannato in secondo grado a 6 mesi (1 anno in primo grado) ma solo per un illecito fiscale su una cartella esattoriale che nulla aveva a che vedere con il caso dei contanti. La difesa, coi legali Ivano Chiesa e Luca Sirotti, ha depositato, invece, il ricorso alla Suprema Corte contro la condanna per il reato fiscale e l’udienza su questa imputazione è fissata per il prossimo 9 luglio. Nel frattempo, l’ex agente fotografico è tornato in carcere a fine marzo per una serie di violazioni dell’affidamento terapeutico che aveva ottenuto per curarsi dalla dipendenza dalla cocaina.
La Corte d’appello di Milano, confermando l’assoluzione dall’accusa principale del processo, già decisa in primo grado dal collegio presieduto da Guido Salvini, ha spiegato nelle motivazioni, depositate a fine dicembre, che non può essere ritenuto un’intestazione fittizia di beni “il deposito in un’abitazione privata” di contanti. Un deposito che in questo caso era stato “reso occulto per ragioni attinenti la necessità di prevenire sottrazioni”, ossia solo per evitare che quel denaro venisse rubato, e lo stesso discorso vale per “somme custodite in cassette di sicurezza”.
La Corte col verdetto dello scorso settembre aveva anche ridotto da 1 anno a 6 mesi la pena per Corona per l’illecito fiscale, concedendogli un’attenuante per aver saldato il debito. Nelle motivazioni la Corte ha confermato anche che quei contanti non erano altro che i “proventi in nero delle attività lavorative” dell’ex agente fotografico, che ha poi saldato i debiti tributari. “Sedici mesi di carcere per Fabrizio e 7 per Francesca Persi (la sua collaboratrice che custodiva i soldi, ndr) senza motivo”, aveva spiegato l’avvocato Chiesa dopo la sentenza. Nel frattempo, lo scorso aprile il Tribunale di Sorveglianza ha stabilito che l’ex ‘re dei paparazzì, tra l’altro, non solo deve restare a San Vittore, ma deve scontare nuovamente anche gli ultimi quasi cinque mesi passati in affidamento, in sostanza annullati dai giudici per le sue violazioni. Il suo fine pena per le condanne definitive del passato è previsto per l’autunno 2022.