Il caso del post sessista ideato dall’onorevole Paolo Tiramani per attaccare Maura Forte, la sindaca uscente e ricandidata a Vercelli ha suscitato varie reazioni in tutti gli organi di informazione. Manifestazioni di solidarietà alla sindaca anche da parte dei suoi avversari; stigmatizzazioni e ironie nei confronti del post e del suo autore (strepitoso il Buongiorno Torino di Mattia Feltri sull’edizione locale de La Stampa), preoccupazione per lo scadimento del confronto politico e della ricaduta sull’educazione dei più giovani, come ha osservato pacatamente la sindaca stessa.
Pur avendo vissuto intensamente la vicenda – vivo e voto a Vercelli – vorrei porre all’attenzione dei miei 25 lettori un altro aspetto del problema, piuttosto trascurato, che va al di là della polemica locale. L’onorevole Tiramani non solo siede in Parlamento, non solo si occupa, con una certa intensità che sconfina nell’invadenza, delle questioni politiche del suo territorio, non solo deve tenere d’occhio le sue imbarazzanti vicende giudiziarie non ancora concluse, ma fa parte della commissione di vigilanza Rai. Cioè, capite bene: un signore che rivela la profondità culturale, il buon gusto e l’eleganza che sprizzano da quel post sconfessato anche dai suoi alleati dovrebbe vigilare sulla qualità dei programmi del servizio pubblico.
Ora si capisce bene perché nella veste di capogruppo della Lega in commissione ha denigrato Claudio Baglioni, Roberto Benigni e Fabio Fazio, forse per i loro programmi un po’ troppo raffinati. E si capisce anche il suo attacco a Carlo Freccero accusato di essere sì un grande uomo di televisione, ma di una tv vecchia di 15 anni. Nulla di paragonabile alla modernità, anzi alla contemporaneità della comunicazione della Lega e dei suoi rappresentanti come Tiramani. Ma discutere del sessismo della Lega, un partito che vantava il suo celodurismo, è tempo perso.
C’è invece un altro aspetto che emerge da questa faccenda, che mi pare importante approfondire. Si è diffusa da qualche tempo un’idea, accolta anche in ambiti più moderati, che attribuisce alla Lega un merito: quello di aver coltivato in questi anni una classe dirigente di valore ed esperienza, cresciuta in ambito locale, regionale e poi in grado di affrontare anche i problemi nazionali. In questo la Lega sarebbe diversa, più affidabile dei Cinquestelle, arrivati al governo nazionale e delle grandi città assolutamente impreparati. Ecco, l’esempio dell’onorevole Tiramani, al netto dei suoi problemi giudiziari, dimostra l’assoluta inconsistenza di questa tesi, che serpeggia spesso nei dibattiti anche per bocca di autorevoli commentatori, ma che poi si scontra con una realtà ben diversa, fatta di vigilanti che vigilano su cose per cui non hanno né titolo né sensibilità, giocando solo a chi la spara più grossa.