Il Paese che ha dato il via alla rivoluzione industriale con il carbon coke è stato il primo a dichiarare, lo scorso mese, “l’emergenza climatica”, seguito a ruota dall’Irlanda. La Camera dei Comuni britannica ha approvato la mozione presentata nei giorni scorsi in aula dal leader del partito laburista, Jeremy Corbyn. In totale, 59 comuni hanno dichiarato la situazione di emergenza, tra cui Londra, Edimburgo, Oxford, Cambridge e Newcastle. Oggi la Gran Bretagna emette gas serra per l’equivalente di 450 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno. Secondo il Comitato sul cambiamento climatico (CCC, organismo indipendente di consulenza del governo), il Paese potrebbe arrivare, entro il 2050, a produrne “solo” 130 milioni. L’obiettivo ultimo è un sistema a “zero emissioni”, cioè capace di assorbire le stesse quantità di CO2 che inevitabilmente produce (attraverso sistemi di cattura e stoccaggio come il carbon storage) e di compensare le emissioni piantando alberi e aumentando le zone boschive. Ma per raggiungere l’ambizioso obiettivo, avverte il Comitato, sono necessarie azioni drastiche: ridurre i rifiuti, diminuire il consumo di carne e prodotti caseari ed eliminare gradualmente – ma definitivamente – i veicoli a benzina e diesel entro il 2035.

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