Omero Schiumarini si è dimesso dall’incarico fiduciario che aveva in Regione Lazio, in un ufficio di diretta competenza del presidente del Consiglio regionale. Il consigliere comunale del Pd a Pomezia è coinvolto – ma non indagato – insieme al compagno di partito Fiorenzo D’Alessandri nell’inchiesta della Dda di Roma che martedì ha portato in carcere 31 persone e smantellato il presunto clan Fragalà, che per anni ha operato nell’area a sud della Capitale.
Già in mattinata, dopo l’articolo de IlFattoQuotidiano.it che ne dettagliava i rapporti di fiducia e collaborazione con il presunto boss Alessandro Fragalà e con la figlia Astrid, il Pd della Provincia di Roma, in accordo con il Pd Lazio, aveva deciso di espellere i due esponenti. “Magistratura e politica devono andare su binari distinti – ha spiegato a IlFatto.it il segretario provinciale Dem, Rocco Maugliani – A volte ci sono inchieste su cui è necessario attendere perché basate su sospetti non sufficienti a determinare un passo indietro politico”. In questo caso, ha proseguito il segretario, “pur non essendo stato destinatario di un provvedimento giudiziario, i dettagli che emergono lasciano intravedere un quadro comportamentale incompatibile con i valori del nostro partito”.
“Il Pd ribadisce il ringraziamento alla magistratura e alle forze di polizia per lo straordinario lavoro che portano avanti nella lotta alla criminalità – si legge nel comunicato che sancisce l’espulsione – che va sostenuta senza sé e senza ma, da tutti e in particolare dalla politica che non può né deve offrire ombre di incertezza né di tolleranza“. Parole in linea con la linea intrapresa da Nicola Zingaretti, che commentando l’inchiesta che ha decapitato i vertici del Pd in Umbria ha enunciato un principio chiaro: “Dobbiamo selezionare la nostra classe politica senza aspettare che a volte siano le procure a accendere i riflettori”. Una selezione cui Schiumarini è però sfuggito.
IL RUOLO DI OMERO IN REGIONE – In Consiglio regionale, all’ufficio tecnico Europa, Schiumarini era entrato il 1° gennaio 2019, formalmente nominato dall’ex presidente d’Aula, Daniele Leodori – oggi vicepresidente della Regione Lazio – con un contratto part-time da 950 euro netti al mese fino al 31 dicembre 2019. Anche se sulla paternità della “quota politica” che lo ha portato alla Pisana, nel Pd è iniziato lo scaricabarile. Secondo fonti regionali, l’attuale presidente del Consiglio, Mauro Buschini, avrebbe provveduto comunque, su richiesta del Pd Lazio, a rimuovere il consigliere pometino.
“Si tratta di un ruolo tecnico con poche responsabilità, senza possibilità di toccare palla nelle questioni più importanti”, assicurano dalla Pisana. L’ex forzista, cacciato dal Pdl nel 2011 per il suo sostegno esterno alla giunta di centrosinistra in crisi e candidatosi a sindaco (perdendo) contro il pentastellato Fabio Fucci nel 2013, per il momento resta consigliere comunale a Pomezia, nonostante da più parti arrivino pressioni per le dimissioni, su tutti il sindaco Adriano Zuccalà e la consigliera regionale, Valentina Corrado, entrambi del M5S.
I PM: “DICEVA DI CONOSCERE BUZZI E CARMINATI” – Si legge in uno degli stralci della richiesta della Procura di Roma al gip: “Gli arresti di Buzzi e Carminati (a fine 2014, ndr), che Schiumarini affermava di conoscere personalmente (“ora senti, ora Buzzi, no? Carminati… tutta gente che io conosco, no?”, diceva intercettato ad Alessandro Fragalà, il presunto boss che intercettato annuncia di voler “riprendersi il comune di Pomezia”), aprivano evidentemente anche nei territori limitrofi a Roma il tema della gestione di alcuni servizi affidati a cooperative”; per questo “Schiumarini chiedeva informazioni ad Alessandro Fragalà circa collegamenti con la malavita di Stefano Barbis, protagonista assieme al Fragalà, dell’estorsione a Vincenzo Mauro”. E ancora: “Ambedue esprimevano apprezzamento per il Barbis ritenendolo una risorsa di cui tenere conto”.
E’ qui che sta l’incongruenza tra le parole (“la politica non può né deve offrire ombre di incertezza né di tolleranza”) e i fatti. Perché Schiumarini non era uno sconosciuto a Pomezia, né alla politica né alla giustizia. Nel 2001 era stato arrestato nell’ambito dell’operazione “Bignè“, la cosiddetta “tangentopoli pometina”, con l’accusa di corruzione in concorso tra gli altri con D’Alessandri. E nella stessa inchiesta era finito coinvolto Alessandro Fragalà, con l’accusa di estorsione aggravata. L’inchiesta era finita in prescrizione ma, respingendo il ricorso presentato da alcuni imputati per vedersi riconosciuta l’assoluzione con formula piena, la Corte d’Appello di Roma scriveva che il tribunale di primo grado aveva sì prescritto ma “ha chiaramente motivato che (…) vi era adeguata prova della reità di tutti gli imputati”.
Nonostante tutto Schiumarini viene assunto per chiamata diretta dalla Regione a guida dem. Ironica la consigliera di Fdi, Chiara Colosimo: “Per l’ennesima Odissea il Pd ha fatto le cose in grande, si è rivolto a Omero…”.
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