Società

Le telecamere negli asili non bastano. Bisogna imparare da chi fa ‘il terzo mestiere più difficile’

Sigmund Freud scriveva: “I mestieri più difficili in assoluto sono, nell’ordine, il genitore, l’insegnante e lo psicologo”. Prendo spunto da una frase virale e forse banalizzata per essere sicura di essere compresa. E da questi mestieri difficili non si può prescindere. Almeno dai primi due. Delle consulenze psicologiche, viceversa, se ne fa fin troppo a meno, malgrado le apparenze. Si ricorre pubblicamente a qualche parere dell’esperto in occasione di delitti efferati, ma troppe volte il legislatore non tiene conto del sapere sul comportamento umano, sul funzionamento mentale, sulle fragilità psichiche, sulle dinamiche relazionali e di gruppo, quando va ad occuparsi di questioni che investono proprio questi ambiti.

Se i mestieri di cui sopra sono considerati i più difficili è perché genitori, insegnanti e operatori della cura ripercorrono, nello svolgimento della loro funzione, le proprie vicende passate di bimbi felici, depressi, invidiosi, gelosi, competitivi, arrabbiati, amati, odiati, voluti o non voluti, curati, coccolati, maltrattati, picchiati, sostenuti o annientati, nonché maneggiare il materiale umano più instabile ed esplosivo, le emozioni. Il tutto in un rapporto squilibrato sul piano del potere, la più infida delle perversioni. Forse non lo sappiamo? Quante volte devono accadere le cose, perché un fatto venga ammesso, al netto dell’apologia del buon genitore, del buon maestro e del buon samaritano? Basta, adesso lo sappiamo: si mettano in atto tutte quelle azioni volte a sostenere chi svolge uno dei mestieri più difficili!

No. Non è così. Arriva soltanto l’obbligo di installare telecamere in tutte le aule delle scuole dell’infanzia e in tutte le strutture di assistenza e cura di anziani e disabili. Emendamento sostenuto trasversalmente da tutte le forze politiche. Quando il fatto di trovare tutti d’accordo non è garanzia di buona scelta. Comunque, non dico che non serve, ma non basta. La telecamera rileva il reato e ci si augura dissuada dal compierlo, ma nulla fa per promuovere una trasformazione positiva di quegli elementi emotivi esplosivi in cui sono immersi genitori, bimbi, insegnanti, anziani, disabili e operatori della cura. Anzi, assieme al tanto ricercato senso di sicurezza, si diffonde piuttosto un senso di paranoia e persecuzione. Quindi che si fa? Nulla?

Una cosa si può imparare da quelli che svolgono il terzo mestiere più difficile, gli psicologi: curarsi. Questo fanno i professionisti seri per tutta la durata della loro carriera professionale. Dato infatti per certo che il compito è tra i più difficili, perché non affiancare insegnanti e operatori della cura di anziani e disabili con supervisioni di gruppo, dove le persone possano vedere ciò che le telecamere non vedono, condividere carichi emotivi e responsabilità, ammettere di sapere più cose che un individuo da solo e in paranoia potrà difficilmente reggere? O forse abbiamo dimenticato che quasi ogni volta che avvengono brutali delitti sui più inermi dentro realtà istituzionali, quali scuole, comunità, ospedali, case di cura, etc., poi emerge che in qualche modo tutta al comunità operante dentro quella struttura ne era al corrente? O quanto prima ci ritroveremo con l’obbligo della telecamera nelle case private per provare violenze perpetrate sulle famiglie più deboli e la loro prole, tante volte denunciate e troppe volte non credute?

@GiuCinque