Sulla questione è intervenuto anche il premier Giuseppe Conte: "Non entro nello specifico ma cercare la contiguità con la politica significa svilire il ruolo del magistrato"
Dimissioni per tutti i consiglieri del Csm coinvolti a vario titolo nelle vicende emerse dall’inchiesta di Perugia. E la richiesta contenuta nella delibera approvata all’unanimità dal comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati, in cui si legge che “i consiglieri coinvolti non appaiono degni dell’incarico che ricoprono”. Non solo. I magistrati in questione saranno tutti deferiti ai probiviri, a partire da Luca Palamara e compresi i consiglieri del Csm e il deputato del Pd Cosimo Ferri, che non ha mai lasciato la toga.
Nella fattispecie si tratta di Spina, Artoni, Lepre, Morlini e Criscuoli, che si sono autosospesi dopo il coinvolgimento negli incontri con Palamara e Lotti per pilotare la nomina dei procuratori capo. “Non basta, dovrebbero dimettersi” ha detto in mattinata il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Pasquale Grasso, che in apertura del comitato direttivo centrale dell’Anm è tornato a scagliarsi contro i colleghi coinvolti nella bufera che ha travolto il Consiglio e la magistratura italiana per effetto dell’inchiesta di Perugia. Sulla questione è intervenuto anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte: “Non entro nello specifico ma cercare la contiguità con la politica significa svilire il ruolo del magistrato“. Tra i consiglieri coinvolti, inoltre, ha parlato Gianluigi Morlini, presente agli incontri con Palamara e Lotti: “Il mio voto non è mai stato condizionato” ha detto, difendendo la sua autonomia al netto di quanto emerso dalle carte dell’inchiesta di Perugia. Indagine che ha comportato anche una reazione dei membri togati del Csm, i quali hanno prodotto un documento con cui annunciano che “non concorreranno a uffici direttivi o semi direttivi prima che sia trascorso un anno dall’uscita” dal Consiglio superiore della magistratura.
Grasso: “Condividere gli atti per permetterci di capire”
“Chi avesse davvero partecipato a un tale sviamento della funzione, uso volontariamente una locuzione poco impegnativa, non potrebbe essere un mio rappresentante nell’organo di autogoverno dei magistrati” ha detto Grasso, che poi ha fatto riferimento a quanto accaduto nel plenum straordinario del Csm di ieri, 4 giugno. “Vi confesso, non mi accontento di quel che ho sentito e visto ieri – ha spiegato Grasso – E vi invito a non accontentarvi. A richiamare il Consiglio, e i componenti del Consiglio, a reagire insieme a noi. I colleghi consiglieri che sarebbero coinvolti – ha aggiunto – si sono autosospesi e, per quel che mi risulta, non avrebbero fornito spiegazioni, smentite, chiarimenti. Gli altri consiglieri hanno manifestato apprezzamento per detta decisione di autosospensione. E poi?”. “Io ritengo, e vi propongo – è l’appello del presidente Anm – di chiedere che il Csm condivida con l’Anm, con i magistrati, gli atti ostensibili dell’indagine rivelata dagli organi di stampa, per permetterci di capire, discernere, valutare. Io vi propongo di chiedere ai colleghi coinvolti di smentire, confermare, spiegare, distinguere. Così che – ha detto ancora Grasso – potremo mantenere la nostra dignità di magistrati e cittadini; reagire in modo conforme alle condotte”.
“È uno dei momenti più gravi per la magistratura”
A seguire una considerazione generale sul quadro venutosi a creare: “Le notizie di stampa delineano una situazione che, ove pienamente confermata, disegna uno dei più gravi momenti di crisi della magistratura della storia repubblicana – ha sottolineato Grasso – per il nocumento arrecato all’organo di autogoverno della magistratura”. Le notizie di stampa, ha proseguito, “ci raccontano di una cosa talmente grave da aver oscurato gli occhi dei giudici di tutti i giorni. Ci viene raccontato di una cessione di sovranità. Di una compromissione dell’autogoverno – è l’accusa dell’Anm – oggetto di trattative, riunioni, accordi, confronti, posizionamento di pedine come su una scacchiera. Trattative che riguardavano la nomina dei dirigenti di uffici giudiziari. Condotte attuate da chi avrebbe (in tesi d’accusa, come riferita dalla stampa) avuto responsabilità di autogoverno insieme a soggetti, politici noti, estranei a compiti di autogoverno e – ha concluso – finanche imputati di gravi reati da parte degli stessi uffici giudiziari di cui si sarebbe discusso”. Chiaro, in quest’ultimo passaggio, il riferimento alla presenza di Claudio Lotito agli incontri notturni di Palamara con Lotti, Ferri e i cinque consiglieri del Csm.
“Nessuno si permetta di dire che minimizzo”
Grasso, infine, è tornato sulle polemiche seguite alle sue dichiarazioni dei giorni scorsi, in cui aveva definito come “fisiologico” il rapporto tra politici e magistratura. “Nessuno si permetta di dire una volta di più che io minimizzo – ha attaccato il presidente dell’Anm – Sono giorni che mi riscopro colto da una rabbia nera che mi incupisce, che oscura ai miei occhi la luce di giornate altrimenti luminose”. Dopo l’intervento c’è stato un lungo applauso in sala, il che sembra sventare il rischio di una crisi della giunta.
Togati Csm: “Aspetteremo un anno per candidarci a incarichi vertice”
Non concorreranno a uffici direttivi o semi direttivi prima che sia trascorso un anno dall’uscita del Csm: è l’impegno assunto da tutti i consiglieri togati di Palazzo dei marescialli “in un’ottica di responsabilità e con l’intenzione di contribuire a ristabilire un clima di fiducia” nei confronti della magistratura, sull’ onda della bufera che ha investito il Consiglio superiore. In sostanza i consiglieri hanno deciso di applicare una norma che era stata abrogata nel 2018, anno in cui era stato cancellato ogni vincolo per loro. Secondo la legge pre riforma, cui si fa riferimento, “prima che sia trascorso un anno dal giorno in cui ha cessato di far parte del consiglio superiore della magistratura, il magistrato non può essere nominato ad ufficio direttivo o semidirettivo diverso da quello eventualmente ricoperto prima dell’elezione nuovamente collocato fuori dal ruolo organico per lo svolgimento di funzioni diverse da quelle giudiziaria ordinarie”. La legge del 2017 aveva permesso al pm di Roma, Luca Palamara, di candidarsi, subito dopo la consiliatura in Csm, a un posto da procuratore aggiunto.
Morlini (Unicost): “Mio voto mai condizionato”
Quella di oggi è anche la giornata della difesa di Gianluigi Morlini, uno dei consiglieri che hanno partecipato ai summit con Palamara, Lotti e Feri per pilotare le nomine dei procuratori capo. “Ciascuna delle decisioni è stata da me presa in piena coscienza ed in perfetta autonomia, senza condizionamento alcuno dalla politica, dall’esterno o da chicchessia” ha detto Morlini, sottolineando che “si tratta tra l’altro di decisioni distoniche rispetto a pretesi accordi raggiunti al di fuori dell’attività consiliare di cui si parla in alcuni articoli di stampa”. In una nota, il consigliere autosospeso ha ribadito di aver incontrato casualmente Luca Lotti dopo aver raggiunto alcuni colleghi a un dopocena. “Mi sono poi allontanato con una scusa, ben prima che l’incontro terminasse, certo di non avere fatto nulla in contrasto con i miei doveri di Consigliere – ha aggiunto Morlini – Di ciò si trae anche chiara traccia nel mio comportamento successivo nell’ambito dei lavori di Quinta Commissione relativi alla proposta di nomina del Procuratore di Roma. Infatti, nelle successive riunioni del 21 e 23 maggio, al fine di potere analizzare il suggerimento del Comitato di Presidenza di disporre le audizioni dei candidati – ha argomentato – ho dapprima rigettato la richiesta di alcuni consiglieri di anticipare la votazione; successivamente ho votato a favore della richiesta del Vice Presidente del Csm di disporre tali audizioni, pur se la richiesta è stata disattesa per il voto contrario di altri consiglieri; infine ho espresso nel merito il mio convinto voto di minoranza a favore del candidato Giuseppe Creazzo, che ho sostenuto sin dall’inizio della discussione della pratica”.
Sempre con riferimento alle notizie di oggi, “vorrei con forza evidenziare – ha proseguito Morlini – che non ho mai incontrato in vita mia il Presidente della Lazio Lotito, né ho mai chiesto biglietti per vedere partite della Lazio; mai sono stato a casa della sorella di Cosimo Ferri, che nemmeno conosco; mai ho conosciuto il collega Fava – ha concluso – e nulla so di esposti da lui presentati; mai ho visto in vita mia Antonio Centofanti e nulla so dei suoi rapporti con Luca Palamara. Confido quindi – ha detto ancora – che, nel riportare notizie su fatti così tra loro diversi, si possa evitare di indebitamente sovrapporre e confondere piani e situazioni tra loro profondamente differenti“.