Un caso che sta scuotendo la stampa internazionale, ma che non si profila né come eutanasia né come suicidio assistito. Noa Pothoven, la 17enne olandese che ha scelto di non mangiare e non bere più per mettere fine alle sue sofferenze, secondo quanto riporta il Corriere della Sera, è stata assistita nelle ultime ore da un’equipe medica per non soffrire. Intanto il ministero della Salute olandese ha avviato “un’ispezione sanitaria per verificare se sia necessario aprire un’indagine” vera e propria sulla morte della ragazza. L’ispezione, che sarà avviata la prossima settimana “per dare il tempo alla famiglia di tenere il funerale e rispettare il loro dolore in una situazione molto difficile”, vuole accertare “il tipo di cure ricevute da Noa e se ci sia stato qualche errore” nei trattamenti somministrati. Al termine di questa prima verifica, il ministero deciderà se procedere con un’indagine ufficiale.

La ragazza – che soffriva di depressione, anoressia e stress post-traumatico a causa di violenze subite da bambina – aveva contattato nel 2017 la clinica End of Life a l’Aia, la quale le aveva negato l’eutanasia perché il suo caso non aveva i requisiti legali per dare il via libera alla procedura. “Pensano che io sia troppo giovane per morire – aveva detto al giornale de Gelderlander -. Pensano che dovrei portare a termine il percorso di recupero dal trauma e aspettare che il mio cervello si sviluppi completamente. Non accadrà fino a quando non avrò 21 anni. Sono devastata perché non posso più aspettare così tanto”. La clinica, contattata da ilfattoquotidiano.it, per questioni di privacy mantiene il riserbo assoluto. La differenza tra eutanasia e suicidio assistito è sostanziale: nel primo caso è un medico a somministrare la sostanza che porta il paziente alla morte (eutanasia attiva) o a staccare i macchinari che lo tengono in vita (eutanasia passiva). Per suicidio assistito invece si intende la procedura con cui il medico fornisce la sostanza che procura la morte ma non agisce affinché questa avvenga. Secondo quanto emerso finora, Noa ha smesso di alimentarsi e nutrirsi al fine di morire, e i genitori hanno deciso di non procedere all’alimentazione forzata, che la ragazza in passato aveva già subito durante un lungo ricovero. Rifiutando qualsiasi tipo di cura, ha quindi ricevuto terapie palliative a casa.

La legge olandese sull’eutanasia – La norma mette al centro la responsabilità del medico e la libertà dei cittadini ma non specifica le patologie per le quali è ammessa l’eutanasia. Quindi non esclude esplicitamente quelle psichiche, neanche nel caso in cui si tratti di minori. Approvata nel 2001, prevede che la procedura possa essere accordata a partire dai 12 anni di età, ma solo dopo che un medico abbia certificato che la sofferenza del paziente è insopportabile e senza alcuna via di uscita. Inoltre tra i 12 e i 16 anni è necessaria l’autorizzazione dei genitori, mentre tra i 16 e 18 non lo è, anche se genitori o eventuali tutori devono comunque essere consultati. Nel giugno 2015 l’associazione dei pediatri olandesi ha chiesto di rimuovere il limite dei 12 anni, ma ancora non c’è stata nessuna modifica in questo senso. Nella legge non viene specificato né il tipo di patologia – se debba essere di carattere psichico o fisico per ottenere il via libera alla procedura – né il suo stadio. La richiesta per l’eutanasia deve inoltre essere fatta in condizioni di lucidità e non sotto l’effetto di droghe o alcol, e protratta nel tempo. Un secondo medico deve confermare la sussistenza di queste condizioni. Le commissioni di verifica – composte a livello regionale da almeno tre specialisti in campo legale, medico ed etico – accertano il rispetto di tutte le condizioni previste nei casi di eutanasia o suicidio assistito e, in caso negativo, fanno entrare in campo la magistratura. Le procure conservano comunque il potere di aprire indagini nei casi in cui sospettano che sia stato commesso un reato. Nel 2017, circa 6.585 persone hanno chiesto e ottenuto l’eutanasia in Olanda, circa il 4,4 per cento dei decessi totali nel Paese e nei 90% dei casi l’eutanasia viene applicata nei casi dei malati terminali di cancro.

Anche Marco Cappato, promotore della campagna Eutanasia Legale, è intervenuto sul caso di Noa per spiegare perché quello della ragazza non è stato un caso di eutanasia. “Abbiamo letto tante ricostruzioni – ha dichiarato in un comunicato congiunto con Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni -. Tante fonti in Italia e in giro per l’Europa hanno parlato di ‘eutanasia’, eppure non risulta alcun fondamento a questa ipotesi. Gli unici elementi che sappiamo dalla stampa olandese su questa vicenda sono due: 1. nel 2018 le commissioni olandesi hanno rigettato la richiesta di eutanasia avanzata da Noa, tanto che lei dichiarò: ‘La domanda è stata rifiutata perché sono troppo giovane e avrei dovuto prima affrontare un percorso di recupero dal trauma psichico fino ad almeno 21 anni”; 2.  Noa aveva interrotto nutrizione e idratazione, lasciandosi di fatto morire, possibilità contemplata anche in Italia dove qualsiasi persona che rifiuta nutrimento e idratazione non può essere costretta da alcuna autorità all’idratazione e nutrizione forzata, a meno di Trattamento Sanitario Obbligatorio su persona incapace di intendere e di volere. È bene comunque ricordare – ha concluso – che le proposte di legge in discussione nel Parlamento italiano su esplicito richiamo della Corte costituzionale, a partire dalla proposta di legge di iniziativa popolare, prevedono la possibilità di accesso al percorso eutanasico solo per le persone maggiorenni e portatrici di malattie fisiche terminali o inguaribili“. A Radio24 l’esponente dei radicali, che, per aver aiutato dj Fabo a porre fine alla sua vita è finito sotto processo, ha dichiarato che la legislazione olandese non prevede questa procedura per i minori depressi. Un concetto che, però, la norma non include esplicitamente.

 

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