Fonti del ministero dell’Interno fanno sapere che si sta valutando di rivolgersi all’Avvocatura dello Stato per chiedere se i magistrati avrebbero dovuto astenersi "per posizioni in contrasto con le politiche del governo". Ed elencano "idee espresse pubblicamente o attraverso rapporti di collaborazione o vicinanza con riviste". L'associazione magistrati: "Il Csm intervenga a tutela dell’autonomia e dell’indipendenza"
Il ministero dell’Interno impugnerà la sentenza del Tar di Firenze contro le cosiddette ‘zone rosse‘ e quelle dei tribunali di Bologna e Firenze a proposito dell’iscrizione anagrafica di alcuni cittadini stranieri. Fonti del Viminale fanno sapere che si sta valutando anche di rivolgersi all’Avvocatura dello Stato per chiedere se i magistrati che hanno emesso le sentenze avrebbero dovuto astenersi “per posizioni in contrasto con le politiche del governo in materia di sicurezza“. Dal ministero guidato da Matteo Salvini accusano i magistrati per “idee espresse pubblicamente o attraverso rapporti di collaborazione o vicinanza con riviste sensibili al tema degli stranieri”, elencando tutta una serie di partecipazioni a convegni e pubblicazioni dei tre giudici che hanno emesso le sentenze contestate. L’Associazione nazionale magistrati in un documento esprime “sconcerto” in particolare per gli attacchi rivolti a Luciana Breggia e chiede “che il Consiglio superiore della magistratura effettui tutti i passi necessari a tutela della collega e a tutela dell’autonomia e dell’indipendenza della giurisdizione”.
Il Viminale fa riferimento in particolare alla giudice Breggia, il magistrato del tribunale di Firenze che ha emesso la sentenza che ha escluso il Viminale dal giudizio sull’iscrizione anagrafica di un migrante. “Invito questo giudice a candidarsi alle prossime elezioni per cambiare le leggi che non condivide”, ha detto di lei il ministro Salvini il 30 maggio scorso. “E’ inaccettabile che la critica non sia rivolta al merito del provvedimento ma alle supposte opinioni del giudice”, afferma l’Anm, che evidenzia come un post pubblicato dal ministro sulla vicenda “è stato seguito da commenti contenenti insulti e minacce, che non risultano essere stati rimossi”.
Le fonti del Viminale ora contestano la giudice perché “in alcuni dibattiti pubblici ha chiarito la sua idea di immigrazione censurando l’uso della parola ‘clandestini‘ e ha partecipato alla presentazione del libro dell’avvocato dell’Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) Maurizio Veglio. Dal ministero evidenziano come proprio un altro avvocato dell’Asgi, Noris Morandi, abbia assistito il cittadino straniero che ha ottenuto l’iscrizione all’anagrafe. Il magistrato viene attaccato anche perché coordinatrice della Onlus ‘Rete per l’ospitalità nel mondo’ e perché ha partecipato alla presentazione di un libro a cui c’erano anche il portavoce della ong Mediterranea e il professore Emilio Santoro, ordinario di Filosofia del diritto e Diritto degli stranieri presso il Dipartimento di Scienze giuridiche dell’università di Firenze.
Da qui partono le accuse del Viminale agli altri due magistrati. Infatti, nel dipartimento ha sede la redazione della rivista online “Diritto, immigrazione e cittadinanza”, a cui collaborano la giudice Rosaria Trizzino – che ha emesso la sentenza sulle ‘zone rosse’ – ma anche la presidente della prima sezione del tribunale civile di Bologna Matilde Betti, che il 27 marzo 2019 non ha accolto il ricorso proposto dal ministero dell’Interno contro la decisione che disponeva l’iscrizione nel registro anagrafico di due cittadini stranieri. Uno di questi, sottolineano ancora dal ministero di Salvini – “era difeso dall’avvocato Asgi Nazzarena Zorzella, per anni co-direttrice di ‘Diritto, immigrazione e cittadinanza’ e che ora è nel comitato editoriale dove siede anche il presidente Betti”. Per l’Anm “le modalità adottate da autorevoli rappresentanti delle istituzioni gettano discredito sull’intera funzione giudiziaria e perdita di serenità da parte di chi la esercita”. “Per questo – si legge nel documento – chiediamo che il Csm effettui tutti i passi necessari a tutela della collega Luciana Breggia e a tutela dell’autonomia e dell’indipendenza della giurisdizione”.
La sentenza sulle ‘zone rosse’
Le ‘zone rosse’ erano state istituite dalla prefettura di Firenze il 9 aprile scorso: per motivi di sicurezza pubblica, 17 aree della città sono state interdette ai denunciati per rissa, stupefacenti, lesioni, percosse, commercio abusivo. L’ordinanza era stata lodata dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini, come “modello da esportare in altre città”. Per i giudici amministrativi però è illegittima: non solo perché incide su diritti costituzionalmente garantiti, quali la libertà di circolazione delle persone stabilita dall’art. 16, ma anche perché “stabilisce una irragionevole automaticità tra la denuncia per determinati reati e l’essere responsabile di comportamenti incompatibili con la vocazione e la destinazione di determinate aree”. Un’equiparazione definita “irragionevole” dal Tar di Firenze.
Le due sentenze sull’iscrizione all’anagrafe
Le sentenze del Tar sull’iscrizione all’anagrafe riguardano invece due casi simili. Prima il Tribunale di Firenze nel marzo scorso e poi quello di Bologna a inizio maggio hanno infatti imposto rispettivamente al Comune di Scandicci e a quello romagnolo di iscrivere all’anagrafe un rifugiato e due richiedenti asilo perché tale atto non è da considerarsi incompatibile con il decreto Sicurezza voluto da Salvini. Il ministero dell’Interno ha presentato ricorso contro questa decisione ma i giudici amministrativi lo hanno respinto in entrambi i casi.