La Rfi – Rete ferroviaria italiana – dovrà risarcire i familiari di una vittima del dovere per la presenza di amianto sul luogo di lavoro. Il giudizio definitivo arriva dalla Cassazione che ha rigettato il ricorso presentato da Rfi, dopo la sentenza della Corte d’Appello di Roma che nel 2014 aveva condannato la controllata di Ferrovie dello Stato al pagamento di circa 750mila euro, per risarcire i parenti di F.A., ex dipendente dell’azienda di trasporti statale, morto di mesotelioma peritoneale nel 2006.

È stata scritta dunque la parola fine a una vicenda iniziata oltre 10 anni fa, certificando un quadro poco rassicurante di dati già emersi relativi alla presenza di amianto nel comparto ferroviario (rotabili ferroviari e installazioni/massicciate ferroviarie) che ha determinato un’altissima incidenza di casi di mesotelioma. “Dopo una lunga vicenda umana e processuale finalmente è arrivata questa vittoria storica”, sottolinea Ezio Bonanni, legale dei familiari della vittima e presidente dell’Ona – Osservatorio nazionale amianto.

Nella sentenza di Appello confermata dalla Cassazione emergono aspetti della vicenda considerati inoppugnabili dai giudici. L’ex dipendente (ha lavorato dal 1966 al 1991) deceduto “aveva trascorso l’intero periodo lavorativo presso Ferrovie dello Stato in ambiente contaminato da polveri di amianto, i cui valori, con altissima probabilità, avevano raggiunto l’entità massima nel periodo dal 31 ottobre 1966 al 1 gennaio 1973”. I giudici pertanto hanno ritenuto “sussistente – prosegue la sentenza – un nesso di casualità tra il mesotelioma peritoneale e l’esposizione all’amianto”, subito dalla vittima.

Inoltre i magistrati evidenziano che la pericolosità dell’amianto “era già nota dalla fine degli anni ’60 e che già all’epoca esistevano efficienti maschere di protezione dalle polveri”. Ma la vittima non è mai stata fornita di tali dispositivi di protezione e non si è mai provveduto “al ritiro degli indumenti di lavoro per l’invio a centri di lavaggio specializzati”, prosegue la sentenza.

“Nel corso del procedimento – spiega Bonanni – era stata negata da parte di Rfi la presenza di amianto e la riconducibilità causale del mesotelioma che ha procurato la morte del lavoratore. Ora con la conferma anche da parte della Cassazione viene certificato il contrario. Purtroppo la vittima in questione è una delle tante. Fino al 2015 – evidenzia il presidente dell’Ona – sono stati censiti 619 morti, a causa del mesotelioma, dei lavoratori di Ferrovie dello Stato, cui vanno aggiunti altri 116 tra coloro che hanno abitato nei dintorni delle stazioni ferroviarie e delle altre installazioni di Rfi, per un totale di 735 vittime. Il tutto al netto dei casi di mesotelioma che sono stati registrati tra coloro che hanno lavorato nelle ditte esterne o che si sono occupati della costruzione e della scoibentazione e manutenzione delle carrozze ferroviarie”.

Secondo l’Ona, però, i numeri sono ancora più alti. “Con riferimento a tutte le patologie asbesto correlate, tumore del polmone, della laringe, della faringe, delle ovaie e l’asbestosi – spiega Bonanni – l’impatto complessivo sulla salute dei dipendenti dell’azienda di trasporti statale e di coloro che hanno abitato nei dintorni delle stazioni ferroviarie può essere stimato in circa 3mila decessi. Ora – conclude il presidente dell’Ona – grazie a questo precedente giudiziario finalmente sarà più facile per i familiari delle vittime ottenere giustizia”.

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