Mai corrotto né influenzabile. Nessun rapporto con l’avvocato Piero Amara ma solo con Fabrizio Centofanti, uomo che descrive come in rapporti con altre figure di vertice della magistratura. Il pm Luca Palamara, indagato dalla procura di Perugia per corruzione, e considerato figura chiave nell’inchiesta che ha portato dritti al cuore del Consiglio superiore della magistratura, l’organo di governo della magistratura, si difende e parla per la prima volta.
“Voglio dimostrare che non sono e non sarò mai un corrotto e che non sono mai stato eterodiretto da nessuno nelle mie scelte”, afferma l’ex numero dell’Anm e leader della corrente Unicost. Stando alle accuse dei colleghi di Perugia, competenti per le inchieste sui pm romani, Palamara avrebbe ricevuto 40mila euro per la nomina di Giancarlo Longo a capo della procura di Gela e sono emersi anche contatti e incontri con l’ex sottosegretario Luca Lotti e Cosimo Ferri (magistrato in aspettativa, già leader di Mi e oggi deputato del Pd) in cui si discuteva della nomina del procuratore di Roma.
L’indagine ha portato all’autosospensione di quattro consiglieri togati del Csm: Lepre e Cartoni, non indagati, ma che avrebbero partecipato con Palamara agli incontri in cui si discuteva del possibile successore di Giuseppe Pignatone. Morlini e Criscuoli avevano invece fatto un passo indietro poco prima dell’inizio della riunione. Criscuoli non era citato nelle carte dell’inchiesta di Perugia in cui sono indagati Palamara e i magistrati Stefano Fava e Luigi Spina. “In una seconda fase – ha detto ancora il pm romano – chiarirò i miei rapporti con Cosimo Ferri, Luca Lotti e altre persone con le quali, viste le cariche che ho ricoperto dal 2008 in poi, ho avuto frequentazioni”.
“Chiederò – aggiunge il magistrato – però che il mio nome non venga strumentalizzato per qualsiasi vicenda. Non sono mai stato collaterale a nessun partito politico e mai ho svolto incarichi fuori ruolo di diretta dipendenza politica”. Palamara dice di non avere “mai messo in discussione il mio rispetto per la carica istituzionale del vice presidente del Csm e più in generale delle prerogative dei singoli consiglieri”. Sui rapporti con l’ex legale di Eni, il pubblico ministero romano sostiene di “non ho mai piegato la mia funzione a fantomatici interessi del gruppo Amara, della cui attività sono totalmente all’oscuro avendo avuto rapporti di amicizia e frequentazione esclusivamente con Fabrizio Centofanti”. Rapporti di “amicizia” con l’imprenditore che, sottolinea Palamara, “per altro ha anche con importanti figure di vertice della magistratura ordinaria e amministrativa”.
Su regali e vacanze che avrebbe ottenuto, sempre stando a quanto ricostruito nel corso dell’inchiesta, Palamara spiega di aver allegato alla memoria fornita ai pm perugini “tutti i dettagli sulle spese da me sostenute dal 2011 a oggi: estratti conto, prelevamenti e ogni movimento bancario”. Inoltre, continua relativamente all’accusa dei 40mila per la nomina a capo degli uffici della procura di Gela, “tra i vari documenti da me presentati ho allegato anche il verbale del plenum del Csm relativo alla nomina del Procuratore di Gela dal quale risulta che il dottor Giancarlo Longo (all’epoca pm a Siracusa e che poi ha patteggiato 5 anni, ndr) non ha ricevuto nemmeno un voto”.