Hanno profili di illegittimità costituzionale, secondo la Procura di Milano, le norme sulla voluntary disclosure che prevedono la non punibilità anche per i presunti riciclatori di somme nascoste al Fisco, anche all’estero, fatte rientrare con la ‘collaborazione volontaria’. È la questione sollevata dai pm Paolo Filippini e Giovanni Polizzi in un’udienza sul caso dei clienti vip del barone italo-svizzero Filippo Dollfuss. Sarà il gup Giusi Barbara a decidere se mandare gli atti alla Consulta. Per i pubblici ministeri, coordinati dal procuratore Francesco Greco, le norme sono “in contrasto con i principi di solidarietà sociale e di uguaglianza sanciti dagli art. 2 e 3” della Costituzione e hanno effetti simili ad un’amnistia o ad un indulto perché, in sostanza, prevedono la non punibilità dei presunti riciclatori di capitali occultati al Fisco da presunti evasori. E anche se questi ultimi abbiano aderito alla procedura di ‘collaborazione volontaria’ dopo che coloro che li hanno aiutati a nascondere i patrimoni, ossia i riciclatori, erano già a conoscenza di un’indagine a loro carico.
Nella vicenda, in fase di udienza preliminare, sono finiti imputati esponenti del mondo dell’imprenditoria e manager per aver aggirato il fisco in quanto “clienti italiani” del barone italo-svizzero Filippo Dolfuss (arrestato nel 2015 e che ha già patteggiato nel 2016 fu arrestato) e dei suoi complici, tra cui il suo allora ‘braccio destro’ Gabriele Bravi, i quali con una “complessa struttura operativa costituita” da società con sede a Lugano e a Panama avrebbe consentito loro, tra il 2010 e il 2015, di “trasferire all’estero ed occultare denaro e utilità nella gran parte dei casi provenienti dai delitti di evasione fiscale o riciclaggio” grazie anche a società off-shore “adibite a schermo”. Tra i difensori figurano i legali Lucio Lucia, Nerio Diodà e Francesco Mucciarelli.
Oggi i pm hanno chiesto al gup di mandare gli atti alla Consulta su due profili della norma introdotta con una legge del 2014 e che prevede che, se per il rientro dei capitali dall’estero o per la regolarizzazione di quelli occultati in Italia si segue una determinata procedura, si può ottenere l’esclusione dalla punibilità per determinati reati, tra cui non solo l’evasione fiscale ma anche il riciclaggio. E proprio su quest’ultimo punto, che riguarda i presunti riciclatori di somme nascoste al Fisco da presunti evasori, i pm hanno messo in luce profili di incostituzionalità della non punibilità. In più, i pm contestano anche la norma che prevede che i presunti evasori possono aderire alla ‘voluntary’ fino a che non vengono a conoscenza dell’inizio di indagini penali, e ciò anche se le indagini sono già state attivate per profili di riciclaggio delle somme evase. In pratica, viene sintetizzato in un passaggio, grazie a queste “chi ha commesso riciclaggio, senza compiere alcun ravvedimento, autodenuncia o pagamento di sanzioni amministrative, beneficia della ‘Voluntary disclosure’ fatta da chi ha omesso gli obblighi dichiarativi” nei confronti del Fisco. Per la Procura milanese è “incoerente”, proprio alla luce della “architettura dei principi ispiratori della normativa” sulla ‘Voluntary’, ossia “rimpatriare i capitali e recuperare parte del gettito”, “da una parte estendere gli effetti favorevoli della Voluntary a chi si è reso responsabile” di riciclaggio e, dall’altra, “ritenere non ostativa l’esistenza di un’indagine” per riciclaggio o per “associazione per delinquere finalizzata ad avvantaggiare coloro che hanno occultato al Fisco le proprie attività finanziarie”. Non si può, in sostanza, frustrare in questo modo “l’attività di indagine” e si rischia appunto di “produrre un effetto identico” ad un’amnistia o ad un indulto. Per i pm si arriverebbe ad assoluzioni anche se “il contribuente abbia denunciato l’evasione al Fisco in data successiva all’arresto dei riciclatori dei patrimoni occultati”.
Il prossimo 27 giugno sulle questioni parleranno le difese e poi il gup deciderà. Tra gli imputati ci sono cinque professionisti, tra cui Bravi, accusati di associazione per delinquere finalizzata all’evasione fiscale e al riciclaggio e i loro clienti accusati di dichiarazione fraudolenta o infedele o omessa dichiarazione dei redditi. Tra loro Francesco Bellavista Caltagirone, ex presidente del gruppo Acqua Marcia, e Massimo Pessina, costruttore e presidente del gruppo Acque Norda.