Il legale dell'ex governatore lombardo ha consegnato alla Finanza 4 opere per un valore totale di 70mila euro: tre opere gli erano state regalate dall'allora presidente di Ferrovie Nord Achille. Che li aveva comprati con le carte di credito della società. Pubblichiamo un estratto del libro di Franzoso edito da PaperFirst che aveva già raccontato la storia di queste tele
Quattro quadri antichi, dal valore complessivo di 70mila euro, sono stati sequestrati a Roberto Formigoni, ex presidente della Regione Lombardia. Quella segnalata dal Corriere della Sera, è l’ultima confisca seguita alla condanna definitiva a 5 anni e 10 mesi per corruzione nel processo San Raffaele-Maugeri. Il suo legale, Mario Brusa, ha consegnato i quadri alla Guardia di Finanza, dopo gli agenti avevano già eseguito una serie di confische a carico di tutti gli imputati condannati nel processo. Tre delle tele erano state acquistate tra il 2010 e il 2012 da Norberto Achille, allora presidente delle Ferrovie Nord, utilizzando carte di credito dell’ente. Achille, che ha patteggiato due anni di reclusione per le spese pazze, aveva regalato poi i quadri a Formigoni. La quarta tela è invece un dono del 2009 fatto da Giuseppe Grossi, che fu coinvolto nell’inchiesta sull’inquinamento dell’area di Santa Giulia.
Quando – nel corso dell’audit sulle spese pazze – sono saltate fuori tre fatture della “Galleria d’Arte Sacerdoti” relative all’acquisto di quadri – «Dipinto di scuola napoletana XIX secolo “Madre con bimbo”, olio su tela cm. 40×50 – euro 4.000», «Dipinto di scuola lombarda “Natività” secolo XVI, olio su tela 40×50 – euro 4.000», «Dipinto di scuola napoletana secolo XIX soggetto “Figura femminile”, olio su tela, cm. 50×70 – euro 9.000» – i miei colleghi e io non siamo rimasti sorpresi: voci di corridoio parlavano di «regali per Formigoni».
Qualcuno della contabilità me lo confermò, avvertendomi: «Io non ti ho detto niente. Se la cosa salta fuori, io nego tutto: non intendo finire nei casini».
Dato che nessuno voleva esporsi, decisi di agire da solo. Dopo aver attivato sul mio smartphone la funzione del registratore, andai a chiederlo direttamente al presidente Norberto Achille. «Presidente, si vocifera si tratti di regali a…».
«Non farmi dire cose… eh! – mi interruppe, mettendo subito le mani avanti – Io so che sono andati alla Regione… non so a chi… suppongo…» aggiunse, puntando l’indice verso l’alto.
Poi cambiò discorso, descrivendomi i quadri appesi alle pareti dell’ufficio. «Quelli là li ho fatti incorniciare io coi miei soldi – tenne a rimarcare con un risolino – Li ho fatti fare dalla signora ***, la segretaria di monsignor ***, quando era qui, all’inizio».
Lo lasciai parlare, ma poi tornai a bomba alla mia domanda: «Vorrei capire se quei doni sono stati fatti per un secondo fine, per ottenere qualcosa in cambio».
Mi fissò con l’espressione di chi vuol dirti: “Dai, ragazzo, non fare domande stupide. Possibile che tu non sappia come funziona il mondo?”. E commentò: «È una “corruzione” talmente nota… lo sapevano tutti. Uno lo mette sotto forma di riconoscimento…». Quindi, con un sorriso malizioso mi rigirò la domanda: «Perché, lei, quando fa un regalo alla sua fidanzata, non lo fa per ottenere un vantaggio? Magari per farsela piuttosto che non farsela? Poi c’è quell’altro che invece è più ricco, le fa un regalo più bello e la sua fidanzata magari va con quell’altro: è una logica generale».
A svelare l’identità del misterioso destinatario di quei doni fu il presidente del collegio sindacale, Carlo Alberto Belloni.
«I quadri, vuoi sapere dove sono i quadri? Sono in casa di Formigoni. Sono tutti e tre da Formigoni».
«Tutti e tre da Formigoni?».
«Sì, son tutti e tre da Formigoni».
Ottenuta la conferma che cercavo, quel pomeriggio stesso consegnai la registrazione ai carabinieri. In quel file audio c’era, però, anche dell’altro.
«Vuoi che ti dica dov’è finita “Charta Antiqua”, 1.200 euro? – mi chiese Belloni – È finita al Comando Generale dell’Arma. Vuoi che ti faccia vedere la lettera di Gallitelli [l’allora comandante generale dei carabinieri, nda] che ringrazia Ferrovie Nord perché ha esposto quel quadro?».
Scrive il gip a pagina 57 dell’ordinanza: «Sono emersi ulteriori profili di anomalia nella gestione della società che meritano di essere approfonditi. Si consideri a titolo esemplificativo il tema dei “quadri” […] e si rammenti quanto aveva riferito Nocerino […] ai carabinieri [l’11 febbraio 2015: “Sono stati individuati acquisti di quattro quadri (due dipinti da 4.000 euro ciascuno nel 2010, uno da 9.000 euro nel 2011, uno da [1.200] nel 2012), nessuno dei quali è risultato inventariato”]. Basti pensare, sul punto, al dialogo tra Belloni e Franzoso, registrato da quest’ultimo il 27.4.2015 e riassunto nell’annotazione di p.g. del 9.5.2015 in ordine alla circostanza che tali quadri si troverebbero presso l’abitazione del precedente presidente di Regione Lombardia».
Si parla, dunque, di «quattro quadri» riconducibili a Roberto Formigoni: per la precisione, tre sono stati consegnati all’ex governatore, mentre la stampa antica da «1.200 euro» è stata donata al generale Leonardo Gallitelli. Di quest’ultimo, però, non si fa alcun cenno. La cosa deve essere sfuggita sia al pm sia al gip.
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“Il potere ha tutti i peccati” fu il tema della stagione teatrale 2009/2010 dello Spazio No’Hma onlus, «l’incredibile progetto di teatro no-profit fondato da Teresa Pomodoro che offre cultura gratuita ai milanesi», come scrive il Corriere della Sera l’11 novembre 2011, presentando la seconda rassegna sotto la direzione di Livia Pomodoro (presidente del Tribunale di Milano dal 2007 al 22 febbraio 2015), che prese le redini di quell’iniziativa benefica dopo la morte di sua sorella Teresa. «Divertirò i milanesi con i vizi del potere», dichiarò al quotidiano di via Solferino. «Ogni aspetto del potere, soprattutto i suoi vizi, verrà affrontato con ironia per far divertire il pubblico».
Insomma, mentre in Ferrovie Nord andava in scena il “Paese del Bengodi”, allo Spazio Teatro No’Hma i cittadini si sbellicavano dalle risate con le commedie sull’arroganza del potere. E ciò, anche grazie ai generosi e legittimi contributi elargiti proprio da Ferrovie Nord: nel periodo in cui Livia Pomodoro fu presidente del Tribunale, infatti, la sua onlus ottenne da questa azienda regionale almeno 200.000 euro: «25.000 euro nel 2009», «25.000 euro nel 2010», «30.000 euro nel 2011», «30.000 euro nel 2012», «30.000 euro nel 2013», «30.000 euro nel 2014», «30.000 euro nel 2015»: per pura coincidenza, l’ordine di pagamento di quest’ultima erogazione liberale è datato «9 febbraio 2015», ovvero il giorno in cui fu presentato il report sulle spese folli.
Ogni anno, puntuale, arrivava in azienda la lettera con cui la signora Pomodoro chiedeva «un contributo che ci possa consentire di attuare il programma» teatrale. In quella datata 21 ottobre 2013 si rivolse a Norberto Achille concludendo così: «Sicura dell’accoglimento della richiesta e in attesa di un riscontro che mi auguro positivo, La prego di accogliere i sensi della mia più alta stima e considerazione».
Un’opera meritevole, quella del Teatro Spazio No’Hma. Quanto alle donazioni di Ferrovie Nord, lo ripeto, sono del tutto lecite e non rientrano fra le spese pazze. Tuttavia, penso sia inopportuno che un giudice chieda soldi – seppure per un nobile fine – a imprenditori privati e a manager di imprese pubbliche, che un giorno magari potrebbe trovare di fronte a sé, sul banco degli imputati. Possibilità non così peregrina, come le cronache stanno a dimostrare.
Nel fornirmi chiarimenti in merito ad alcune fatture relative a pranzi al ristorante, Norberto Achille si giustificò così: «C’è la Pomodoro, c’è Grecchi [Giuseppe Grecchi, già presidente della Corte d’Appello di Milano, nda], questo qui del Tribunale… diversi magistrati… i magistrati non pagano per definizione… se lei va fuori con un magistrato è obbligato a pagare». E, ammiccando a me e a Luigi Nocerino, aggiunse: «Quando sarò fuori di qui vi svelerò un segreto. Il pranzo che ho pagato di più di tutti, in due, 550 euro… non vi dico chi è…. Quando son fuori ve lo dico».
Caro presidente, ogni promessa è debito: non vorrà mica lasciarci con la curiosità? Se è d’accordo, potremmo vederci per un caffè. Giuro che stavolta lascio a casa il telefonino.