“Il mio viaggio ha dentro tutto: la rabbia di chi le ingiustizie le sente bruciare sulla sua pelle, il sacrificio di chi lascia tutto quello che ha e la consapevolezza di valere più della mortificazione di uno stage indeterminato”. Alessio Saviano viene da Napoli, ha 27 anni e da tre anni vive in Olanda, dove lavora come ingegnere per un’azienda che si occupa di fondazioni per turbine eoliche e piattaforme in mare. Una scelta di vita quasi obbligata, soprattutto, dice “se vieni da quella parte d’Italia dove ancora si ringrazia il cielo se alle soglie dell’età adulta si è arrivati ‘tutti di un pezzo’”.
L’avventura di Alessio lontano da casa comincia subito dopo la laurea triennale in Ingegneria ambientale alla Federico II di Napoli. “Sentivo il bisogno di andare via. Napoli è una città bellissima, ma viverla è difficile”, spiega. La scelta ricade su Bologna, un buon programma magistrale in ingegneria geotecnica e soprattutto una casa già pronta ad accoglierlo, quella del fratello. “Non avevo molte opzioni, ma non mi sono pentito. L’anno e mezzo passato lì è stato molto positivo”, continua. Il primo approccio con l’Olanda arriva a pochi mesi dalla tesi magistrale, a giugno 2015. “Grazie a un programma Erasmus ho potuto scrivere qui la mia tesi. Ho scelto questo paese perché potevo imparare bene l’inglese”, racconta. L’impatto è subito positivo, “un altro mondo”. Oltre al rimborso spese previsto dal programma universitario, infatti, Alessio riceve anche un contributo aziendale, “una cosa difficile da pensare in Italia”. “Senza laurea, solo con un tirocinio, mettevo già in tasca 900 euro”.
Ma la svolta è dopo la laurea magistrale, quando le prime (vere) offerte di lavoro arrivano proprio dall’Olanda. “Una volta tornato in Italia a marzo 2016, da romantico nostalgico ho preso l’abilitazione, anche se non serve granché – racconta Alessio – poi ho cominciato a guardarmi intorno”. Le aspettative sono deludenti. In tre colloqui di lavoro il neolaureato magistrale riceve sempre la stessa risposta: “Con la tua tesi sei un po’ troppo specializzato per noi”. Una “scusa” secondo Alessio che così accetta l’offerta del suo vecchio “supervisor” in Olanda. “Mi ha chiesto se volessi essere sponsorizzato con delle aziende là – spiega –. A rispondere per prima è stata proprio la stessa con cui feci il progetto per la tesi e con cui lavoro tutt’oggi”. Nel giro di due settimane, la ditta, con sede vicino a Utrecht, complice anche un nuovo progetto appena iniziato, invia ad Alessio la proposta di contratto. L’offerta è ottima, anche se, precisa Alessio, “qui sono obbligati per legge. Se hai una laurea magistrale non possono scendere sotto i 2300-2500 euro al mese”. La vera differenza però è negli scatti di anzianità. “Qui cresci di anno in anno. Io ora sono già considerato senior, per esempio. Conta molto la meritocrazia”, racconta ancora.
Certo, i primi tempi la vita in Olanda non è stata facile. “Gli orari sono totalmente diversi rispetto a quelli italiani. Molto tempo si passa al chiuso, ma sono sicuramente molto aperti nei confronti degli stranieri, fa parte della loro cultura”. E, anche se in questi tre anni Alessio si è guardato intorno cercando anche offerte per avvicinarsi a casa, la differenza è ancora abissale per pensare a un rientro. “Ho ricevuto un offerta da un’azienda di Milano. Ho fatto diversi colloqui, un’attesa di un mese prima dell’ok all’assunzione – racconta –. Mi hanno detto che avrebbero mandato il contratto nel giro di una settimana, ma non è mai arrivato. Così ho insistito, ma mi hanno risposto che non dovevo più scrivere più e dovevo aspettare, nonostante avessi specificato che per loro avevo già dato le dimissioni qui in Olanda. Mi sono sentito mortificato come non mi sentivo da tempo, così mi sono chiesto ‘ma chi me lo fa fare?’ e ho richiesto il posto alla ditta di Utrecht”. Dopo quest’episodio ora Alessio ha ricevuto addirittura dei benefit dall’azienda, e per alcuni giorni al mese può lavorare dall’Italia.
Alla domanda cosa gli manca del suo paese, Alessio ci pensa un po’ su. “Sicuramente lo stile di vita. I negozi aperti fino a tardi, il cibo. Ma soprattutto la possibilità di esprimermi nella mia lingua. All’estero accetti il rischio di sentirti un po’ figlio di nessuno, costruendo rapporti a tempo determinato”. Per ora però un rientro in Italia non è in programma. “Un giorno sicuramente tornerò, magari da libero professionista. Però so che mi dovrò scontrare quotidianamente con le ingiustizie che, o le accetti per come sono, o ti fai venire un fegato enorme”.
Modificato da Redazione Web il 13 giugno 2018