Sono fra le persone amareggiate per la batosta alle Europee del Movimento Cinque Stelle. Ma probabilmente è una benedizione. Non sono un politico, non ho partecipazione politica attiva, non ho mire politiche. Certo: per istinto, date le simpatie che provo per questa “novità grossa” della politica italiana, avrei davvero preferito vedere un successo, una conferma del 4 marzo 2018: ma sarebbe stato un errore, nonostante la gioia che ne avrei tratto.
Nella mia “politica di bocca buona” avevo tratto non la percezione, bensì la sicurezza che la spinta determinante che portò il M5S al successo del 2018 fosse una miscela esplosiva di più sensazioni popolari: una profonda sfiducia nelle risorse che la “vecchia” politica poteva offrire per risolvere i paurosi problemi accumulati dall’inerzia del tradizionale establishment; la sensazione che bisognava – pena quasi la morte – “cambiare”; la sorpresa di una proposta – più fantasmagorica che organizzata – da parte di una persona, Beppe Grillo, che parlava un linguaggio che questi disperati/sognanti capivano. In fondo diceva: ué ragazzi, sveglia, esiste anche l’altra faccia della luna, andiamo a scoprirla insieme! Era un grido forte di speranza: un grido che non era possibile ascoltare da parte dell’establishment, il quale poi ci mise un po’, ma alla fine entrò in una sindrome di paura, tremenda paura: e cominciò a barare, raccontando balle a iosa, pur di contenere quel movimento che certamente puntava a ridurre i suoi privilegi. Ecco la vera molla del successo M5S del 2018.
Attenzione: grande era la componente irrazionale, emotiva, ed era da attendersi che in successive tornate elettorali, alla prova di una reale attività di governo, le cose dovessero ridimensionarsi: pura fisiologia. Poi arriva una inattesa novità, la campagna elettorale delle recenti Europee: nessuno avrebbe mai potuto prevedere che Lega e M5S arrivassero a fare un governo insieme. Ma come?! Cani e gatti: impossibile.
Le parti in commedia sono chiare, alla fine delle due l’una: o si andava a nuove elezioni pochi mesi dopo il marzo 2018 oppure si cercava una sorta di colpo di bacchetta magica che, alla fin fine, fu proprio quel che accadde, l’idea del contratto, che in qualche modo ha dato qualcosa in più al Paese, moltissimo in più del niente che i partiti amavano elargire ai sudditi italioti. Ma il tutto era costretto a marciare sulle biglie quadre. Ancora più difficoltà per il M5S, data la sua non-storia partitica alle spalle: niente presenza sul territorio, rapida formazione del board, chiamata alle iscrizioni di gente dall’estrazione più varia, un programma di governo spesso raffazzonato, ministri non certo consumati dall’esperienza.
Un anno di governo: parecchie contraddizioni operative (ma mai sui temi centrali), scontri continui con Matteo Salvini, gioiello politico – però del tipo tagliato e cesellato con piccone e piccozza. Una bella fetta dell’elettorato svanita come neve al sole. In compenso vediamo crescere e gonfiarsi la Lega. Ah, il miracolo di Salvini!
In realtà il forte rigonfiamento dei votanti della Lega si basa su motivazioni tanto emotive quanto quelle che determinarono i risultati M5S nel 2018. Con una differenza, però, molto profonda e significativa. E’ cambiata la molla: non è più la speranza gioiosa del successo grillino. Salvini ha battuto e ribattuto – e i media dell’establishment hanno fatto lo stesso concerto – sulla paura e ha spopolato. Ma il successo leghista è instabile allo stesso modo con cui lo è stato quello per il M5S. La paura cerca sicurezza: la tematica politica di Salvini è enormemente più povera e squallida di quella dei grillini. Da tempo nella Lega ci sono malumori e mal di pancia di diversa estrazione, e non c’è dubbio che prima o poi verrà qualcuno che farà ciò che Salvini non ha fatto e che non è affatto capace di fare: comincerà a riparlare di speranze, di soluzioni, di futuro.
Salvini ha ripetuto un detto di Mussolini, di quelli che si leggevano sui muri delle case per strada: “molti nemici molto onore”. Già: ma anche “quante botte!”. E’ proprio vero che tutti i gusti son gusti. In genere le dittature fanno capo sempre alla paura, è la loro benzina: ma la scorta di benzina ha sempre un limite. Anche il ricorso alla sublime assistenza da parte del Padreterno è un classico: Dio, patria e famiglia. Poi però, beh, si sa come va a finire: purtroppo con dolori grandi e a bizzeffe.
Anche la Lega, come prima il M5S, è un pallone gonfiato: si sgonfierà già alla prima tornata elettorale. L’importante è impegnarsi (parlo delle persone oneste) a far capire e a far ragionare il più possibile gli elettori, anche se i “ciucci” (a comando o per vergognoso interesse) non spariranno mai. Con onestà: anche se sbagliare sarà comunque non una possibilità, ma una certezza. In ogni caso, fra le due molle elettorali, è di gran lunga preferibile la prima.